(segue) Relazione alla Camera sugli accordi del Laterano
(14 maggio 1929)
[Inizio scritto]
I mesi che vanno dal settembre al
dicembre 1870 furono penosissimi. Dal Vaticano partivano proteste a
getto continuo. Proteste, perché si diceva che il segreto
epistolare non venisse più osservato; proteste perché
si era dovuto sospendere il Concilio ecumenico; proteste, per certe
violenze di cui si sarebbero resi colpevoli i soldati dell'Esercito
italiano; proteste, infine, per l'occupazione del Quirinale. E
Visconti Venosta, Ministro degli esteri del tempo, dovette mandare
una lunga circolare a tutti i nostri rappresentanti all'estero per
spiegare come qualmente il Re d'Italia aveva il diritto di entrare al
Quirinale. I cattolici di tutto il mondo, e di tutta Europa
specialmente, protestavano.
Ne troviamo le tracce nel Libro
Verde. Erano i nostri rappresentanti all'estero che segnalavano al
Ministro Visconti Venosta tutte le proteste suscitate nel mondo
cattolico dopo l'entrata delle truppe italiane a Roma. L'Incaricato
italiano a Karlsruhe comunicava che nel Badischer Beobachter era
pubblicato un violento appello, con cui si invitavano tutti i
cattolici tedeschi a recarsi a Fulda, sulla tomba di San Bonifacio,
per protestare contro gli atti criminosi perpetrati contro la Santa
Sede dal Governo italiano. Sull'importanza dell'adunata cattolica
riferiva il Ministro italiano in Prussia, in data 6 ottobre. Il
Ministro italiano a Vienna riferiva che il Casino cattolico politico
di Mariahilf aveva mandato pure un memoriale incitante il Governo
Austriaco a pigliare ogni occasione per adoperarsi alla restaurazione
dei violati diritti e della libertà e indipendenza del Papa.
Il Ministro d'Italia a Bruxelles annunziava una riunione di tutti i
Vescovi belgi a Malines. Il Ministro d'Italia all'Aja annunziava che
i cattolici olandesi avevano mandato al Sovrano una petizione
contenuta in una pergamena della lunghezza di otto metri gremita di
firme.
Fu gran ventura che l'Esercito
italiano rimanesse sulla riva destra del Tevere. Se il Papa fosse
stato espulso dall'ultimo angolo di territorio, dal suo palazzo
insomma, o se ne fosse andato, gravi problemi si sarebbero affacciati
davanti al Governo italiano. Per fortuna, gli avvenimenti erano
propizi. Chi poteva commuoversi in quegli anni? Non la Francia, la
quale era stata fiaccata dalla Prussia: aveva bisogno di rifarsi,
doveva pagare una ingente indennità, ingente allora, adesso
sarebbe uno scherzo. Non la Francia che aveva perduto due provincie
di grandissimo pregio, che aveva ritirato le sue truppe da Roma, già
da tempo, e che tuttavia aveva lasciato a Civitavecchia, quasi come
un biglietto da visita, un bastimento che si chiamava l'Orenoque, e
che vi restò fino al 1874. La Germania era l'astro che saliva
prepotentemente all'orizzonte in quel periodo di tempo, dopo tre
guerre vittoriose: quella del '64 per lo Schleswig-Holstein, quella
del '66, che fiaccò l'Austria a Sadowa, e quella del '70: ma
la Prussia era protestante. Bismarck non solo non pensava ad aiutare
il Papa, ma stava per ingaggiare quella lotta della Kulturkampf dalla
quale, bisogna dirlo, egli uscì battuto.
(segue...)
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