(segue) Relazione alla Camera sugli accordi del Laterano
(14 maggio 1929)
[Inizio scritto]
Il Papa non era più un
suddito, era un sovrano. Usando la terminologia di moda importata
dall'americanismo, potremo dire che questa sovranità era al
cento per cento? No, non era al cento per cento: mancava qualche
cosa, mancava il territorio. C'è la frase tipica: «continua
a godere»; ma in realtà era un tacito riconoscimento di
una sovranità territoriale; tant'è vero che negli anni
che seguirono, giammai ci fu un atto dello Stato italiano che
rivendicasse, anche lontanamente, una qualsiasi sovranità
nella cinta del Vaticano. A ciò si ridussero le «franchigie
territoriali» previste dal già ricordato decreto Reale
dell'ottobre 1870.
La legge non fu accettata. Alla
fine del 1871 l'Italia e Roma erano in questa singolare posizione: il
Re usurpatore, il Papa prigioniero. Il Papa, che non riconosceva
l'unità della Patria, che non riconosceva la conquista di Roma
e che protestava violentemente in tutti i suoi atti pubblici e
diplomatici contro la conquista di Roma, realizzata dalla Rivoluzione
italiana. Tempi duri, quelli! Tempi foschi! È solo nel 1874
che appare uno spiraglio di luce; e questo spiraglio di luce è
legato al nome del vescovo Bonomelli. Bisogna ricordare con molta
simpatia, anche noi fascisti, quella bella, degnissima figura di
patriota e di sacerdote! Nel 1874 era escluso che si potesse chiedere
l'exequatur allo Stato, che aveva violato la sovranità del
Pontefice e gli aveva portato via il possesso territoriale dello
Stato Pontificio, di Roma. Ma, invece, Bonomelli chiese ed ottenne
l'exequatur. Nel 1878 muore il gran Re. Ve nel clero un moto di
riaccostamento alla Nazione, malgrado i veti delle supreme gerarchie
della Chiesa. In molte città d'Italia, specialmente della
Lombardia, specialmente della Provincia di Cremona, Vescovi e Parroci
celebrano grandi funerali alla memoria del Re.
Ma il periodo più
interessante nella storia della Conciliazione è quello che va
dall'80 al '90 e che comincia nel 1881, col discorso tenuto da Mons.
Geremia Bonomelli, nel Duomo di Milano, presenti 16 Vescovi, e
centinaia di sacerdoti, nel quale discorso il Vescovo affermava che
la pace doveva farsi e che oramai la conquista di Roma doveva essere
ritenuta un fatto compiuto e irrevocabile. In quel periodo di tempo,
gli alti e i bassi della Conciliazione furono infiniti. Quando il Re
Umberto si recò a Firenze ad inaugurare la nuova facciata di
Santa Maria del Fiore e fu ricevuto dal Vescovo, tutti credettero che
la conciliazione fosse imminente. Quando, di lì a qualche
tempo, il Re si recò a Terni, e vi fu ricevuto del Vescovo di
Terni, con tutti gli onori dovuti a un sovrano, l'emozione fu
grandissima, perché Terni apparteneva agli ex Stati pontifici.
Tutti si occupavano di conciliazione. Se ne occupavano i Vescovi e i
garibaldini. Stefano Türr,
per esempio, sentì il bisogno di stampare un opuscolo a Parigi
per raccomandare ed esaltare la Conciliazione.
(segue...)
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