(segue) Relazione alla Camera sugli accordi del Laterano
(14 maggio 1929)
[Inizio scritto]
Non meno interessante fu
l'atteggiamento tenuto in quell'epoca dal garibaldino Achille
Fazzari, il quale era un valoroso, aveva combattuto ad Aspromonte e a
Mentana ed era stato ferito a Monte Libretti. Giuseppe Garibaldi
dedicandogli un sonetto lo chiamava «Mio caro figlio».
Questo energico calabrese stampò nel principio del 1886 una
lettera ai suoi elettori di Catanzaro, che cominciava con queste
parole: «bisogna fare la Conciliazione». Questa tesi egli
sostenne in lunghe vivaci polemiche superanti anche le frontiere.
Quando, nel collegio di Catanzaro, al colonnello garibaldino Achille
Fazzari i democratici del tempo opposero Giosuè Carducci, i
calabresi, tra il garibaldino e il poeta, preferirono il garibaldino.
Diedero diecimila voti a Fazzari e duecento a Carducci.
Achille Fazzari, il 23 giugno
1886, indirizzava una lettera agli elettori calabresi del collegio di
Catanzaro, nella quale a un certo punto dichiarava:
«La mia bandiera è
nuova. Io desidero anzitutto la Conciliazione del Vaticano colla
Monarchia alla quale facemmo col plebiscito spontaneamente adesione,
e la unione delle loro forze e dei loro intenti in uno scopo comune:
la grandezza e il maggior prestigio dell'Italia. Il Papato è
la più grande delle istituzioni esistenti, e, pur essendo
universale, è essenzialmente italiana, perché, da Roma,
dove ha sede, essa stende la sua azione in tutto il mondo. E giacché
l'Italia ha questa fortuna sappia avvantaggiarsene ed abbia nel
Vaticano un amico, non un forte ostacolo alle sue aspirazioni... In
questa conciliazione, che da molti si ritiene un sogno e a moltissimi
parrà una sciagura, è, a mio avviso, una via, la
migliore anzi se non la sola, per divenire grandi e rispettati come
io desidero che sia grande e rispettata l'Italia poiché invece
del poco curato nostro Regno io vorrei poter concorrere ad edificare
un Impero italiano».
(segue...)
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