(segue) Relazione alla Camera sugli accordi del Laterano
(14 maggio 1929)
[Inizio scritto]

      È singolare che il libro di Monsignor Geremia Bonomelli, stampato nel 1889, dopo essere stato pubblicato come articolo sulla Rassegna Nazionale, pure essendo giunto alla quinta edizione allora, oggi sia quasi introvabile. Ho dato ordine che sia ristampato; ma credo che non vi dispiacerà se io vi leggerò alcune pagine di questo insigne prelato. Udite con quale potenza d'immagine, con quale forza di argomenti egli traccia la storia del potere temporale nell'ultimo secolo:
      «La procella — egli dice — scoppiò nel 1830 e '31, e se allora lo Stato Pontificio resse ancora un istante all'urto, fu perché i battaglioni austriaci attraversarono in fretta il Po e spensero nel sangue la rivolta che certamente sarebbe stata vittoriosa con le sole sue forze. Passarono ancora 18 anni e una nuova procella percorse tutta l'Italia e l'albero di 10 secoli cadde a terra, ma rimase ancora fitta nel suolo una radice; le foglie appassirono, ingiallirono, ma l'albero non era ancora morto del tutto. Venne una mano gagliarda a rialzarlo, e difatti si alzò; non si reggeva più da sé, e per tenerlo pur ritto ancora e non lasciarne ad una sola mano, a quella sola mano, l'onore e il vantaggio in faccia al mondo, si aggiunse un'altra mano a sorreggerlo dall'altro lato, e così si ebbe lo strano e doloroso spettacolo di uno Stato di tre milioni di anime che prolungava la sua agonia, sostenuto da due Stati giganti che biecamente tra loro si guardavano. Dieci anni appresso i due giganti emuli, come tutti prevedevano, e moltissimi desideravano, aizzati, vennero tra loro a duello e il vincitore del 1859 rimase unico, non so ben dire se difensore od oppressore del moribondo, mutilato ancora due volte, in due anni, nel '59 e nel '60.
      «Ancora dieci anni di penosa agonia; il vincitore e infido custode a sua volta vinto pur esso da un emulo più potente di lui, cadeva miseramente e con esso l'ultimo lembo del più antico Stato europeo. E quel grande Pontefice che unico aveva superato gli anni di Pietro, era ridotto alla condizione di Pietro, cessava di essere Re per rimanere soltanto Pontefice; aveva termine la creazione degli uomini e durava l'istituzione di Cristo; cadeva la porpora regale, era spezzato lo scettro e restavano le sole chiavi. Quel resto di vita che il principato civile del Pontefice sembrava aver negli ultimi 40 anni, non era suo ma veniva dal di fuori, da forze estranee, avventizie, era una vita datagli quotidianamente a prestito da quelli che avevano interesse a dargliela a loro modo. Il 20 settembre 1870, due mesi dopo la proclamazione dell'infallibilità del Papa, spariva il principato civile sorto nel VII secolo, approvato da Pipino e da Carlo Martello, ridotto alla sua ultima formula di potere assoluto da Alessandro sesto.

(segue...)