(segue) Relazione alla Camera sugli accordi del Laterano
(14 maggio 1929)
[Inizio scritto]
Di notevole importanza un
opuscolo, intitolato: Il Partito Popolare — quello defunto —,
e la Questione Romana, nel quale si affermava che bisognava
riconoscere la sovranità della Santa Sede sui Palazzi
Vaticani.
Altro avvenimento di maggiore
importanza fu la deliberazione con cui il Papa non faceva più
proteste per visite di Sovrani cattolici a Roma. Eravamo entrati in
un periodo di distensione dei nervi. Questa distensione si accrebbe
con l'assunzione alle Somme Chiavi di Papa Achille Ratti, quando, per
la prima volta dopo il 1870, il Papa apparve alla loggia esterna di
San Pietro e benedisse la folla immensa.
Gli italiani ebbero l'impressione
che, con questo Pontefice, qualche cosa si sarebbe concluso. E,
naturalmente, le speranze precedettero gli eventi e si credette che
la cosa sarebbe stata facile, semplice, rapida. Si pensava che il
nuovo Papa non avrebbe insistito sulla posizione ormai tradizionale
di tutti i Pontefici. Errore. Difatti, nella prima Enciclica di Pio
XI, il punto di vista riaffermato continuamente dalla Santa Sede
veniva ancora una volta illustrato. Si ricordavano in essa la natura
divina della sovranità Pontificia, gli inviolabili diritti
delle coscienze di milioni di fedeli in tutto il mondo e la necessità
che questa stessa sovranità non apparisse soggetta ad alcuna
umana autorità o legge, sia pure una legge che portasse delle
guarentigie per la libertà del Romano Pontefice, ma fosse del
tutto indipendente e tale anche manifestamente apparisse. «Noi
— diceva — eredi e depositari del pensiero dei nostri
venerati antecessori, come essi investiti dell'unica autorità
competente nella gravissima materia e responsabili davanti a Dio. Noi
protestiamo, come abbiamo sempre protestato, contro tali condizioni
di cose, a difesa dei diritti della dignità della Apostolica
Sede, non già per una vana terrena ambizione, di cui
arrossiremmo, ma per puro debito di coscienza.»
(segue...)
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