(segue) Relazione alla Camera sugli accordi del Laterano
(14 maggio 1929)
[Inizio scritto]

      Apro una parentesi per mandare un saluto reverente alla memoria del prof. Barone, uno della Commissione dei 18, giurista di alta fama, fascista, il quale si era dato a queste trattative con un'ansia, con un fervore e con una diligenza d'italiano e di fascista veramente ammirevoli. Si può dire che egli è morto sulla breccia, tanta era l'ansia, con cui seguiva queste lunghe faticose trattative.
      Dal suo diario, che io possiedo, risulta che, in data 5 agosto 1926, un Monsignore manifestò al prof. Barone la possibilità di iniziare trattative per risolvere la Questione Romana. Nell'agosto '26 si ha un colloquio Barone-Pacelli, il 23 agosto '26 il Consigliere Barone, a seguito di due precedenti colloqui espone, in un suo rapporto scritto, quali sieno i capisaldi dei propositi della Santa Sede per la sistemazione della Questione Romana. Il 4 ottobre 1926, Mussolini consegna al Consigliere Barone un autografo col quale lo incarica di chiedere alla Santa Sede a quali condizioni sia disposta ad addivenire ad una amichevole, generale definitiva sistemazione dei suoi rapporti con lo Stato italiano. Il 6 ottobre il Cardinale Gasparri scrive a Pacelli rispondendo, in massima, in modo affermativo alle richieste. Trattative in ottobre, novembre, dicembre.
      Il 10 dicembre 1926 S. M. il Re autorizza l'apertura delle trattative ufficiali. In data 30 agosto del 1926 così il compianto Barone mi riferiva: «Ho creduto doveroso di richiamare l'attenzione di V. E. sulla possibilità di un accordo per la sistemazione dei rapporti tra lo Stato italiano e la Santa Sede a seguito della segnalazione fattami al riguardo da un Prelato che gode in Vaticano un'alta posizione, e delle conversazioni che ho avuto per le iniziative medesime con l'avv. Francesco Pacelli, che tra i legali della Santa Sede è quello che gode più direttamente la piena fiducia del Sommo Pontefice». Più oltre: «V. E. ha segnato una sola pregiudiziale, quella cioè che, giungendosi ad un accordo, la Santa Sede riconosca con esso la definitiva sistemazione della Questione Romana ed accetti quindi lo stato di cose segnato nel 1870, quando venne formato il Regno d'Italia con Roma capitale. Richiede perciò l'E. V., una rinunzia esplicita, da parte della Santa Sede, a qualunque rivendicazione temporale nei confronti del Regno d'Italia. Il Pontefice, informato di queste Sue premesse, si è dimostrato disposto ad accettarne senz'altro la sostanza nella speranza che si addivenga ad una definitiva sistemazione dei rapporti con l'Italia e non già alla stipulazione di un modus vivendi solo temporaneo».

(segue...)