(segue) Relazione alla Camera sugli accordi del Laterano
(14 maggio 1929)
[Inizio scritto]
Un altro Regime che non sia il
nostro, un Regime demoliberale, un Regime di quelli che noi
disprezziamo, può ritenere utile rinunziare all'educazione
delle giovani generazioni. Noi no.
In questo campo siamo
intrattabili. Nostro deve essere l'insegnamento. Questi fanciulli
debbono essere educati nella nostra fede religiosa, ma noi abbiamo
bisogno di integrare questa educazione, abbiamo bisogno di dare a
questi giovani il senso della virilità, della potenza, della
conquista; sopra tutto abbiamo bisogno di ispirare loro la nostra
fede, e accenderli delle nostre speranze.
Nel 1928 conclusa la parentesi
«scoutistica» le trattative riprendevano. La Santa Sede
aveva chiesto, non veramente in sovranità, ma in proprietà,
il terreno intermedio che nomasi la «Valle del Gelsomino»
e Villa Doria Pamphilj. Si pensava di mettere nella Villa Doria
Pamphilj tutte le Legazioni e le Ambasciate. Questo feriva la mia
sensibilità. Io proposi, se veramente la Santa Sede teneva a
questa villa, che essa vi riconoscesse in modo indubbio e non
equivocabile la sovranità dello Stato italiano, pagando il
canone annuo di una lira. È il canone abituale quando si vuole
essere gentili. Nello stesso periodo di tempo andai a Racconigi ed
informai di ciò S. M. il Re.
È dall'8 novembre 1928 che
le trattative volgono, si può dire, a compimento, perché
il Papa mi fa sapere che rinuncia a Villa Doria Pamphilj e al
territorio intermedio. Infatti, mentre la cessione avrebbe ferito la
nostra coscienza di italiani, a che cosa avrebbe giovato all'altra
parte? La Città del Vaticano è grande per quello che è,
per quello che rappresenta, non per un chilometro quadrato in più
o in meno. Bisogna riconoscere che da questo punto di vista, il Santo
Padre è venuto egregiamente incontro al desiderio del Governo
italiano. Voglio dire di più, che all'ultimo minuto, il 10
febbraio, alla vigilia della firma degli accordi, quando si trattava
di cedere 500 metri quadrati perché sorgesse una cancellata di
fronte al Santo Uffizio, quando il Santo Padre seppe che questo
turbava la mia coscienza di geloso custode dell'integrità
territoriale dello Stato, che non può pensare se non ad
accrescere questo territorio giammai a diminuirlo, il Santo Padre
andava ancora oltre i miei desideri, e poiché sarebbe stato un
po' grottesco che la facciata di un edificio fosse stata posta a
confine di uno Stato, rinunciava all'intero edificio e annessi e lo
passava nel novero degli altri che godono soltanto dell'immunità
diplomatica.
(segue...)
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