(segue) Relazione alla Camera sugli accordi del Laterano
(14 maggio 1929)
[Inizio scritto]

      Dopo la morte del compianto Barone io sentii quasi come un avvertimento del destino. La voce dei negoziati era ormai di dominio pubblico in tutto il mondo. Bisognava affrettare i tempi. Nel gennaio dell'anno in corso ebbero luogo le riunioni conclusive, alle quali partecipò, nelle ultime otto sedute, recandovi l'ausilio della sua alta dottrina e della sua indiscutibile fede di patriota e fascista, il collega Guardasigilli on. Alfredo Rocco. E l'11 febbraio si firmarono gli accordi.
      Talune residuali cellule massoniche, che io ho identificato in tutte le città dove hanno affiorato attraverso certe pubblicazioni di giornali, e simili manifestazioni più o meno vociferatone, hanno cominciato col sorprendersi che i testi di questi protocolli recassero, a guisa di preambolo, l'invocazione alla SS. Trinità. Permettetemi che io vi erudisca; non c'è nulla di straordinario per cui si possa pensare che lo Stato, in qualche guisa, sia venuto meno a se stesso e alla sua dignità. Non vogliamo proprio risalire a Giustiniano perché dovremmo riportarci al 533, ma sta di fatto che anche nei pubblici trattati tra potenze laiche, quasi sempre fu premessa questa formula.
      Gli esempi sovrabbondano. Tra i più caratteristici abbiamo i due trattati di Passarowitz del 21 luglio 1718, conclusi coi turchi, l'uno dell'Imperatore e l'altro della Repubblica di Venezia, nel primo dei quali si legge: In nomine sanctissimae ed individuae Trinitatis; e nel secondo: In nomine sanctissimae Trinitatis. Pochi anni prima, nel 1712, perfino in un Trattato tra il Sultano e lo Czar, si era adottata questa formula. Il Concordato fra Innocenzo Vili e Re Ferdinando di Napoli del 7 febbraio 1492, ha la medesima formula. In tempi più vicini a noi, nei Concordati conclusi da Pio VII col Re di Baviera e col Re delle due Sicilie nel 1818, si ha la formula: In nomine sanctissimae Trinitatis. Così sia detto di quello concluso con Luigi XVIII di Francia. Questa formula figura altresì nel Trattato stipulato tra Leone XII e il luterano Re d'Olanda, Guglielmo I, il 18 giugno 1827, e in quello tra Gregorio XVI e Carlo Alberto, del 27 marzo 1847. La stessa formula si trova nei trattati conclusi da Pio IX e dai suoi successori.

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