(segue) Discorso al Senato sugli accordi del Laterano
(25 maggio 1929)
[Inizio scritto]

      È poi assurdo ritenere che il mio discorso fosse rivolto a degli elementi di sinistra, che nel Partito Fascista non esistono, (perché il Partito Fascista ignora questa vieta terminologia), o fosse destinato a placare le cellule massoniche che da noi non hanno mai avuto e non avranno mai tregua.
      Nel discorso pronunciato dal senatore Crispolti ci sono degli accenni che debbo raccogliere: primo di essi, quello che riguarda l'origine del Cristianesimo.
      La mia affermazione storica, fatta nell'altro ramo del Parlamento, ha sollevato delle apprensioni che io reputo legittime. Io non ho inteso di escludere, anzi l'ammetto, il disegno divino in tutto ciò che è accaduto, in tutto quanto si è svolto; ma sarà pur concesso di affermare che lo svolgimento dei fatti si è verificato a Roma e non ad Alessandria d'Egitto e nemmeno a Gerusalemme: sarà possibile dire che le prime comunità, staccatesi dal paganesimo, erano formate da israeliti, tanto che nei primi 64 anni dell'era attuale il fenomeno si chiamava giudeo-cristiano, ed è nel 64, nel momento culminante delle persecuzioni di Nerone, nell'anno del martirio di Pietro, che si è prodotta la frattura definitiva tra il giudaismo che si è rifugiato nei suoi confini etnici, dai quali non è ancora uscito se non per evasioni individuali, ed il cristianesimo che accettava in pieno la predicazione paolina dell'universalismo e si metteva per le strade consolari alla conquista del mondo.
      Del resto, uomini di chiara dottrina cattolica, come Monsignor Battifolle nel suo libro l'Église naissante et le catholicisme, ripudiano la tesi protestantica concentrata nel trinomio: cristianesimo, cattolicesimo, romanesimo — tesi fatta sua con grande forza dal Renan. Ma egli stesso ammette in questo libro, giunto alla quinta edizione, che fu provvidenziale la cooperazione di Roma alla missione della Cathedra Petri. «E noi — dice l'autore — non avremo la cattiva grazia di contestarlo. Facciamo, egli aggiunge, le nostre riserve sui termini politici che vengono impiegati per descriverla, come anche sulla tendenza a trasformare in funzione generatrice ciò che non fu che una circostanza».

(segue...)