(segue) Discorso al Senato sugli accordi del Laterano
(25 maggio 1929)
[Inizio scritto]

      Ho ascoltato con emozione il discorso pronunziato dal Senatore Boselli, il quale, con la sua relazione e col suo discorso odierno, ha reso un alto, magnifico servigio al Paese.
      L'onorevole Scialoja ha fatto l'apologia della legge delle guarentigie. Si comprende che egli abbia altamente difeso questa legge anche per ragioni famigliari; uno degli artefici di questa legge fu appunto il padre dell'attuale senatore. In fondo, quanti di noi e di voi, o quanti degli Italiani hanno riletto in questi giorni i resoconti delle sedute che si tennero a Firenze per discutere la legge sulle guarentigie dal gennaio al maggio 1871? Pochi, pochissimi. E coloro che hanno avuto la pazienza — per me è stato un dovere — di farlo, si saranno convinti che la legge sulle guarentigie non merita né la polvere, né gli altari. Una legge di compromesso e di transazione che si votò dopo discussione lunga, spesso caotica e confusa, durante la quale cozzarono gli opposti estremismi di coloro che volevano espellere il Papa da Roma e di coloro che volevano dargli almeno la Città leonina, più la ricorrente striscia al mare.
      Ne venne una legge che non piaceva nemmeno a coloro che l'avevano fabbricata, i quali furono i primi a decretarne il carattere precario. Pur tuttavia era il meglio che si poteva fare in quelle determinate circostanze; ma da ciò non si deve trarre la conclusione che la legge delle guarentigie fu sempre rispettata, né che la legge stessa determinò quello stato di equilibrio, sul quale ritornerò fra poco.
      Non la legge delle guarentigie in sé e per sé, ma piuttosto la politica spesso accomodante delle due parti, fece sì che, malgrado la legge, non si avessero delle crisi temibili e pericolose.
      Ma il senatore Scialoja ha aggiunto che si sarebbe potuto fare a meno di consacrare per diritto ciò che si aveva già di fatto. Tutto — egli ha detto — aveva finito per adattarsi a questa situazione, ed anche gli stranieri. È verissimo, tutti meno uno, il più interessato: il papa.

(segue...)