(segue) Discorso al Senato sugli accordi del Laterano
(25 maggio 1929)
[Inizio scritto]

      Precisiamo dunque che c'era un dissidio, che questo dissidio recava dei danni all'una ed all'altra parte, che questo dissidio era componibile e che tentativi in questo senso furono fatti. «La ragione — egli aggiunge — che ci vieta di approvare questo disegno di legge, non è, dunque, nell'idea della conciliazione, ma unicamente nel modo in cui è stata attuata, nelle particolari convenzioni che l'hanno accompagnata, e che formano parte del disegno di legge».
      Dunque non è il fatto della conciliazione in sé, è il modo che «ancor l'offende». Ma allora qual'è il suo «modo»? Perché non basta dire «il vostro modo non mi piace». Perché l'Assemblea potesse giudicare, bisognava che si trovasse davanti ad altro «modo» con cui la questione doveva essere risolta. Ed allora siccome il Protocollo lateranense si compone di tre parti: Trattato, Concordato e Convenzione finanziaria, bisogna scendere al concreto. È il «modo» del Trattato che non vi piace? Vi sembrano forse eccessivi quei 44 ettari, cioè l'attuale Vaticano con qualche cosa in meno, passati in sovranità al Sommo Pontefice, oppure vi sembra sterminato il numero di 400 sudditi volontari, non tutti italiani, che formeranno il popolo della Città del Vaticano? Sono i 1500 milioni di lire carta che feriscono la vostra sensibilità di cauti amministratori delle vostre rendite, oppure è il Concordato, oppure tutte le tre cose insieme?
      Non credo si tratti del Trattato, perché il Trattato realizza, migliorandoli di gran lunga, quelli che furono i progetti per i quali spasimarono uomini come il Cavour, il Ricasoli ed il Lanza.
      Tutto ciò mi fa ricordare l'epoca della guerra, quando c'erano due modi di fare la guerra: quello dei generali e dei soldati che la facevano sul serio e quello degli imboscati, i quali nelle sicure retrovie trovavano sempre che con il loro modo avrebbero spostato gli eserciti e stravinto le battaglie.

(segue...)