(segue) Discorso al Senato sugli accordi del Laterano
(25 maggio 1929)
[Inizio scritto]

      Nessuna meraviglia, o signori, se accanto agli imboscati della guerra esistono gli imboscati della storia, i quali, non potendo per ragioni diverse e forse anche per la loro impotenza creatrice, produrre l'evento, cioè fare la storia prima di scriverla, si vendicano dopo, diminuendola spesso senza obiettività e qualche volta senza pudore.
      Ma in realtà non si tratta del Trattato e della Convenzione; si tratta del Concordato.
      Se il senatore Croce si fosse degnato di gettare una sia pur vaga e superficiale occhiata sul mio discorso del 14 maggio, avrebbe visto fugati i fantasmi che sembra gli ossessionino lo spirito: braccio secolare, roghi, manomorta e simili.
      Vi è una contraddizione nel suo discorso che bisogna cogliere, ed è questa. Nella prima parte si dice che la conciliazione era ovvia e che si doveva fare, ma successivamente si dice: è con dolore che noi constatiamo la rottura dell'equilibrio che si era stabilito.
      Ora delle due luna: o voi siete «inceri quando auspicate alla conciliazione, e allora non dovete dolervi se un determinato equilibrio dovrà essere per fatalità di cose rotto; o vi dolete della rottura, e non siete sinceri quando invocate la conciliazione. Dai corni piuttosto ferrei di questo dilemma non è facile uscire. Ma poi a chi si dà ad intendere che si fosse realizzato un equilibrio? Non siamo sul terreno della storia, siamo sul terreno delle storielle! Un equilibrio dal 1870 al 1929? In questo modo si fa un assegnamento piramidale sulla nostra ignoranza storica. Ma noi sappiamo che cosa era questo equilibrio, quando non si restituivano le visite al nostro Sovrano da parte dell'Imperatore d'Austria, quando si ebbe una rottura tra la Santa Sede e la Francia per via della visita di Loubet, e quando, per oltre 40 anni, i cattolici furono assenti dal mondo politico italiano e venivano chiamati «emigrati dell'interno». Se in un certo momento essi vennero nella vita politica non fu già per effetto del liberalismo, ma per effetto del movimento socialista. Il quale, avendo dal 1890 al 1904 e 1905 immesso nella vita della Nazione enormi masse di contadini e di operai, aveva alterato la geografia politica della Nazione. Il capolavoro del liberalismo dell'epoca fu il famoso patto Gentiloni, un patto di compromessi, che oggi si può dire di ipocrisia.

(segue...)