(segue) Al gran rapporto del Fascismo
(14 settembre 1929)
[Inizio scritto]

      Gli accordi lateranensi sono presi di mira dai neri e dai verdi: gli uni e gli altri sono stati sconfitti, gli uni e gli altri anelano ad una specie di rivincita e al momento in cui potranno dire trionfalmente: l'avevamo detto noi! Sconfitti sono stati i temporalisti, i quali erano rimasti al 1849 e sognavano impossibili restaurazioni di istituti, travolti dal fatale volgere della storia, e si acconciano molto «obtorto collo» a uno stato ridotto a una città e questa città ridotta ad una superficie di pochi ettari; sconfitti sono i «verdi» i quali avrebbero voluto incancrenire il conflitto, eternizzarlo, non per il bene dello Stato, ma per la mortificazione della Chiesa. Queste due categorie di sconfitti, una volta nemiche, sembrano quasi alleate.
      La voce diffusa all'estero che il Governo fascista, dopo aver distrutte entrambe le massonerie, vedrebbe di buon occhio il ricostituirsi di una terza per fronteggiare il clericalismo, è semplicemente puerile. Non abbiamo bisogno di ricorrere a questa specie di trucchi. Bastiamo noi a noi stessi. E siamo d'altra parte troppo intelligenti per non aver veduta la manovra e per non evitare i due estremi che a vicenda si condizionano: il clericalismo ed il suo avversario. Le polemiche che si sono svolte al Parlamento e nei giornali, non devono essere drammatizzate oltre misura. Le speranze di taluni circoli d'oltre Alpe sono destinate a rimanere speranze più o meno pietose, almeno per quanto ci concerne. Si tratta di polemiche che io vorrei chiamare «di assestamento», di precisazione di posizioni e sono perfettamente comprensibili, poiché mentre nel campo fascista si e considerato l'evento nelle sue imponenti ma reali proporzioni e significazioni e limiti, alcune voci nel campo cattolico, specialmente laico, hanno rivelato sbandamenti ed illusioni che era necessario di rettificare, il che è stato fatto con tempestive sanzioni.

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