(segue) Al gran rapporto del Fascismo
(14 settembre 1929)
[Inizio scritto]

      Ma dal sequestro di qualche dozzina di oscuri giornaletti dell'estremismo cattolico, con venature popolaresche alla «Kulturkampf» di Bismarck, alle lotte napoleoniche corre molto spazio e moltissimo tempo! È quasi banale dichiarare che la lotta fra la Chiesa e lo Stato nuoce allo Stato; ma non giova nemmeno alla Chiesa. Può essere, alle volte, una fatalità, non può essere mai un programma od un ideale, specialmente in uno Stato come il nostro, che potrà in altri domini mostrare la sua unità e la sua forza.
      Del resto le posizioni in Italia sono nette così come dovevano essere.
      La Chiesa conosce la dottrina fascista dello Stato ed è del 1925 la mia formula: «Tutto nello Stato, niente al di fuori dello Stato, niente contro lo Stato».
      Ora, dai rapporti dei Prefetti risulta che il clero italiano è nello Stato italiano, cioè, ossequiente alle leggi dello Stato e spesso entusiasta del Regime. Salvo alcune Provincie di confine e tre provincie dell'Alta Italia, in tutto il resto, e soprattutto nelle provincie del Mezzogiorno, il clero è perfettamente a posto e non chiede che di collaborare con le autorità costituite.
      I parroci sono figli del nostro popolo, gente della nostra gente, che non vive nelle nuvole sublimi dell'assoluto, ma nel relativo, modesto e interessante, della vita di ogni giorno.
      Li vedete in talune regioni inforcare la bicicletta, e anche la motocicletta, frequentare le fiere e i mercati, mescolarsi alla profana umanità. Ora questa massa di parroci non ha, nella sua enorme maggioranza, che un desiderio quello di collaborare con le locali e centrali gerarchie fasciste, non solo per un comprensibile bisogno di tranquillità, ma perché i parroci non dimenticano i tempi antichi e li sanno intelligentemente confrontare con gli odierni.

(segue...)