(segue) Al gran rapporto del Fascismo
(14 settembre 1929)
[Inizio scritto]

      Il carattere più saliente degli attuali mutamenti è la mia rinuncia ai Ministeri militari che ho tenuto per quattro anni, durante i quali si è lavorato moltissimo. Quello che si poteva fare dal punto di vista della unificazione spirituale fra tutte le Forze Armate, Milizia compresa, è stato compiuto. Il Ministero della Difesa nazionale avrebbe proporzioni troppo grandiose per un uomo solo. Tutte le Forze Armate, d'altro Canto, hanno un supremo dirigente nella persona del Capo di Stato Maggiore Generale, il quale è alle dirette dipendenze del Capo del Governo. Provvedimenti in corso di elaborazione porteranno alla mie dirette dipendenze, oltre la Milizia V.S.N., il Consiglio di Stato, la Corte dei Conti, l'Avvocatura erariale, la Polizia. Quest'ultima è istituto troppo importante e geloso perché non debba dipendere direttamente dal Capo del Governo.
      La figura del Primo Ministro va così prendendo solida consistenza e si realizza non solo nella lettera, ma nello spirito l'apposita legge, che è una tra le più innovatrici e rivoluzionarie della nostra legislazione. Qualcuno non cadrà nell'errore, veramente imperdonabile, di credere che la sistemazione del Governo significhi una modificazione nelle sue direttive. È un Governo con una maggiore accentuazione di Fascismo: le direttive non possono essere quindi che accentuatamente fasciste. Solo dei rimbambiti nostalgici o tepidamente convertiti o comunque rimorchiati, possono vaneggiare o paroleggiare di «tempi» a colorazione o scivolamento demo-liberale. Non mai come in questo momento io ho misurato la miserevole vanità e la patente menzogna del demo-liberalismo. Non mai come in questo momento ho sentito tutta la viva attualità della nostra dottrina dello Stato accentrato e autoritario. Questa, che gli idolatri del numero informe chiamano, con gesto di vana esecrazione, «dittatura», noi la riconosciamo: la dittatura è nei fatti, cioè nella necessità del comando unico, nella forza politica, morale, intellettuale dell'uomo che la esercita, negli scopi che si prefigge.

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