(segue) Al gran rapporto del Fascismo
(14 settembre 1929)
[Inizio scritto]

      Eccomi, concluso l'elogio di Augusto Turati, ad un altro oggetto interessante del nostro esame: il Partito. Taluni articoli, buoni nella sostanza ma alquanto ondivaghi nella forma, hanno provocato interpretazioni estensive ed arbitrarie. Si è parlato di una autosoppressione del Partito Nazionale Fascista. Qui, meglio che all'Aja, si può dire che la cosa è veramente grottesca e ridicola.
      Coloro che hanno avanzato tale insensata ipotesi, sono degli incoscienti, o dei traditori, o dei vendicativi, che vorrebbero annullare il Partito Nazionale Fascista, che ha fatto la Rivoluzione, che vorrebbero togliere al Regime una forza spirituale per lasciargli solo le forze materiali. Di pleonastico non c'è che la loro meschina perfidia o la loro palese insufficienza mentale! Non si tratta di sapere se il Partito debba esistere o meno, perché, se il Partito non ci fosse, io lo inventerei e lo inventerei così come è il Partito Nazionale Fascista, numeroso, disciplinato, ardente, a struttura rigidamente gerarchica. Si tratta di «situare» il Partito nello Stato. Ma questo è già stato fatto, o immemori dell'antifascismo, sino dal 1921, nelle dichiarazioni programmatiche del Fascismo, come ha ricordato Michele Bianchi alla Camera e sin dal 6 gennaio 1927, o ancora una volta smemorati, nella mia circolare ai Prefetti, non dimenticata né dimenticabile.
      Sin da allora io proclamavo che il Partito non è che una forza civile e volontaria agli ordini dello Stato, così come la M. V. S. N. è una forza armata agli ordini dello Stato. Il Partito è la organizzazione capillare del Regime. La sua importanza è fondamentale. Esso arriva dovunque. Più che esercitare un'autorità, esso esercita un apostolato e con la sola presenza della sua massa inquadrata esso rappresenta l'elemento definito, caratterizzato, controllato, in mezzo al popolo. È il Partito con la massa dei suoi gregari che dà all'autorità dello Stato o consenso volontario o l'apporto incalcolabile di una fede. Ogni dualismo di autorità e di gerarchia è scomparso.

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