(segue) Al gran rapporto del Fascismo
(14 settembre 1929)
[Inizio scritto]

      Il Capo della Provincia ha ai suoi ordini tutte le forze periferiche, nelle quali si esprimono lo Stato ed il Regime: quindi anche il Partito, quindi anche il Segretario federale, il quale assume la sua funzione e la sua precisa fisionomia di subordinato collaboratore del Capo della Provincia, di vero e proprio funzionario extra ruolo della R. Prefettura. A nessuno di voi potrà sembrare arida e umiliante questa definizione. Io stesso non sono che un funzionario del Regime e voi stessi sentite che la vostra forza, la vostra dignità, il vostro prestigio è in questa vostra accettazione e dedizione. Quanto al lavoro, ce n'è per il Prefetto e per il Segretario federale!
      D'ora innanzi, quindi, il Segretario del P. N. F. sarà nominato con decreto reale su mia proposta. I Segretari federali saranno nominati con decreto del Capo del Governo su proposta del Segretario del Partito Nazionale Fascista.
      In questo procedimento, di una logicità assoluta, sarà ancora una volta la consapevole definitiva solenne subordinazione del Partito allo Stato. Tutto ciò può sembrare originale e nuovo a coloro i quali per il fatto che si chiama ancora «Partito» considerano il nostro organismo politico alla stregua degli altri Partiti; ma i caratteri, le attribuzioni, il funzionamento del Partito Nazionale Fascista ne fanno nel totalitario Stato fascista una istituzione assolutamente diversa. Grande cammino si è fatto dal 1927 in poi, tanto che tutti i Prefetti mi hanno fatto l'elogio dei Segretari federali. E questo elogio io rivolgo a voi che avete dimostrato di essere all'altezza del vostro compito. Del resto le posizioni sono chiare. Se nel Fascismo tutto è nello Stato, anche il Partito non può sfuggire a tale inesorabile necessità, e deve quindi collaborare subordinatamente cogli organi dello Stato. Si opina che dopo il plebiscito il Partito dovrebbe rinunziare alla sua esistenza autonoma, distendersi, dilatarsi fino a comprendere tutta la Nazione, per evitare la distinzione fra italiani fascisti e italiani non fascisti o antifascisti. Vi rimando su questo argomento al mio discorso della «Sciesa» di Milano. Queste distinzioni sono fatali e necessarie.

(segue...)