(segue) Al gran rapporto del Fascismo
(14 settembre 1929)
[Inizio scritto]

      Fra coloro che hanno fatto la Rivoluzione e tutti gli altri che non l'hanno fatta, fra coloro che hanno creduto e quelli che hanno irriso alla fede, fra coloro che hanno sofferto e quelli che hanno atteso e tradito, una differenza si impone.
      Ma accade forse che la divisione fra fascisti e non fascisti determini una permanente situazione di privilegio per i primi? Affatto. I fascisti fedeli alla nostra dottrina non chiedono, non vogliono chiedere privilegi. Essi si sentono cittadini privilegiati solo e in quanto hanno l'impegno di essere i migliori cittadini, i più dotati di senso di responsabilità e di dovere, i primi cittadini quando si tratta di lavoro, di disciplina, di sacrificio.
      Il Partito non è una casta chiusa, poiché ogni anno riceve un alimento quasi automatico dall'affluire delle nuove generazioni. Casta chiusa un organismo che alla data del 7 settembre dell'anno VII può mettere in linea queste cifre: inscritti ai Fasci maschili 1.020.000, ai Fasci femminili 93.495, alle giovani italiane 85.949, alle piccole italiane 560.251, alle alunne 53.600; ai gruppi studenti universitari fascisti 25.440, ai professori ed assistenti fascisti 2212!
      Non bisogna confondere il P. N. F., che è forza politica primordiale del Regime, col Regime che questa forza politica e tutte le altre di varia natura convoglia, abbraccia, armonizza. Il Regime non ha bisogno di aspettare altri tempi per dilatarsi fino ai confini della Nazione. Sta già divenendo, e lo strumento di questa dilatazione è il Partito con le sue masse. Si vuole forse togliere il catenaccio alle nuove iscrizioni per dare modo ai troppi ritardatari di entrare magari con l'animo degli ulissidi nascosti nel famoso cavallo? Non è necessario e può essere pericoloso. Come si può bizantineggiare su ipotetici distacchi tra Fascismo e Nazione, quando la realtà è che tra forze controllate direttamente dal Partito Nazionale Fascista e forze controllate direttamente da altre istituzioni, il Regime raccoglie sotto i suoi gagliardetti la enorme maggioranza degli italiani che contano qualche cosa? Quando mai in Italia si vide una unità morale più profonda? Forse quando l'Italia era divisa fra dieci rissanti partiti e alcune più o meno internazionali massonerie? Quando mai, in Italia, si vide un Regime così ansioso, come il nostro, delle sorti del popolo? Io vorrei invitarvi a diffidare di coloro che parlano un linguaggio troppo involuto ed ermetico, di coloro che hanno delle sintomatiche «tolleranze» in un'epoca di ferro come l'attuale, che hanno l'aria di scoprire a ogni istante le più lapalissiane verità. Non vorrei che si trattasse di gente fascista per errore, stanca di questa nostra Italia ordinata e severa, e forse nostalgica dell'Italia gesticolatrice, chiacchierona, superficiale, carnevalesca che i nostri amici d'oltr'Alpe, restati all'Italia del 1914, sono «desolati» ohimè, di non trovar più.

(segue...)