(segue) Al gran rapporto del Fascismo
(14 settembre 1929)
[Inizio scritto]

      Non solo il Regime dura, ma l'interesse del mondo per la nostra Rivoluzione invece di diminuire aumenta. Aumenta per una ragione profonda, e cioè che noi anticipiamo di gran lunga un sistema politico sociale perfettamente intonato alle necessità moderne e che dovrà fatalmente essere adottato da altri paesi. Siamo i primi ad avere avvertito l'inconsistenza della dottrina della lotta di classe e la precarietà di tutta la letteratura marxista, di fronte alle caratteristiche del capitalismo moderno, radicalmente cambiato da quello di un secolo fa. Siamo i primi ad avere realizzato la politica pura, non la politica dei partiti, la quale è ovunque in decadenza e non interessa più le masse come forti studiosi di sociologia hanno constatato.
      Siamo i primi ad avere affermato, di fronte all'individualismo demoliberale, che l'individuo non esiste, se non in quanto è nello Stato e subordinato alle necessità dello Stato, e che, man mano che la civiltà assume forme sempre più complesse, la libertà dell'individuo sempre più si restringe.
      La libertà, di cui parlano le democrazie, non è che una illusione verbale, offerta intermittentemente agli ingenui. Già si levano oltr'Alpe voci rinnegatrici del famoso trinomio dell'89. Si lancia un trinomio che in Regime fascista non è una formula soltanto, ma una realtà: autorità, ordine e giustizia. Questo trinomio è il risultato fatale della civiltà contemporanea, dominata dal lavoro e dalla macchina.
      Reazionari noi? No: precursori, anticipatori, realizzatori di quelle nuove forme di vita politica e sociale che appaiono tentate talvolta, sotto altre forme, anche nei paesi che rappresentano gli ideali, ormai sopraffatti, dello scorso secolo.
      Il Fascismo è l'unica cosa nuova che i primi trent'anni di questo secolo abbiano visto nel campo politico e sociale.

(segue...)