(segue) Per l'Accademia d'Italia
(28 ottobre 1929)
[Inizio scritto]

      Questo carattere dell'Accademia d'Italia appare, sotto altri aspetti, evidente. Non è l'Accademia d'Italia una vetrina di celebrità arrivate e non più disputabili; non vuole essere e non sarà una specie di giubilazione degli uomini insigni o un riconoscimento più o meno tardivo dei loro meriti; non sarà soltanto questo. Voi vedete tra gli accademici delle quattro categorie di uomini di origini, di temperamenti, di scuole diverse; uomini rappresentativi di un dato momento sono al lato di uomini rappresentativi di un momento successivo, o attuale, o futuro. L'Accademia è necessariamente eclettica, perché non può essere monocorde.
      Nell'Accademia passa così la vita dello spirito, la quale è continua, e complessa, e unitaria: dalla musica alla matematica, dalla filosofia all'architettura, dall'archeologia al futurismo. Nell'Accademia è l'Italia con tutte le tradizioni del suo passato, le certezze del suo presente, le anticipazioni del suo avvenire.
      L'importanza di un'Accademia nella vita di un popolo può essere immensa, specialmente se essa convogli tutte le energie, le scopra, le disciplini, le elevi a dignità. Si può immaginare l'Accademia come il faro della gloria che addita la via e il porto ai naviganti negli oceani inquieti e seducenti dello spirito. La sorte di questi naviganti è varia: taluno naufraga alle prime tempeste, qualche altro finisce nelle secche della mediocrità e del mestiere, i più dotati e i più tenaci, — il genio è anche metodo e pazienza —, talvolta approdano mentre il crepuscolo già discende sulla loro vita, e qualche altro è colpito dal destino alla vigilia del trionfo: vi è, infine, chi tocca la meta, nell'età giovanile e virile, ma questo fortunato immortale non può a lungo sostare! Egli ha il dovere di levare le ancore e di spiegare le vele per altri itinerari e per nuove conquiste.

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