(segue) Ai veliti del grano
(8 dicembre 1929)
[Inizio scritto]

      Intanto la stagione delle semine si è svolta quasi ovunque propizia. Nella peggiore delle ipotesi non si deve andare in nessun caso al disotto del minore raccolto che si è avuto durante il quadriennio della battaglia del grano: quello del 1927, con quintali 53 milioni 291.000. Nell'ipotesi media si deve salire tra i 60 e i 70 milioni. Nell'ipotesi più favorevole, col concorso propizio delle stagioni, si potrebbe toccare e superare il raccolto del 1929.
      Parlo ora del prezzo del grano. Tempestivamente, e cioè prima del raccolto e delle contrattazioni, il Governo fascista ha aumentato il dazio sul grano portandolo da 11 a 14 lire-oro. L'Albania ha un dazio di lire-oro 25 per quintale, la Spagna di 21, la Francia di 10. Il nostro è, dunque, il terzo in Europa in ordine di altezza. L'aumento del dazio ha giovato, cioè ha condotto a un aumento proporzionale del prezzo del grano? No, il dazio non ha giuocato al 100 per 100, ma tuttavia ha influito in senso favorevole. Prendete Il Sole di venerdì 15 novembre, a pagina 5. Prezzo del grano estero a Genova 83. Prezzo del grano nazionale a Milano 129. Il dazio gioca, dunque, per 46 lire.
      Lo stesso fenomeno si è verificato in Francia, che divide con l'Italia il privilegio di essere uno dei Paesi più cerealicoli di Europa. Le statistiche hanno denunciato un raccolto francese di 87 milioni di quintali. Non bisogna dimenticare che il territorio della Francia è quasi doppio di quello dell'Italia, che il terreno è infinitamente più fecondo e che la tecnica agricola francese è tra le più progredite d'Europa. Il Governo francese aumenta il dazio doganale, ma il prezzo del grano non aumenta se non in misura irrilevante.
      Il malumore tra gli agricoltori francesi dev'essere stato assai vivo, se la stampa più squisitamente politica di Parigi ha dovuto occuparsi del problema. Il Temps vi dedicava ben due articoli di prima pagina, uno dei quali offriva agli agricoltori questa finale consolazione: «Non bisogna, — scriveva quel giornale —, esagerare le difficoltà dei produttori. Essi speravano di vendere il loro grano a 150 franchi al quintale, nella speranza di un raccolto medio. Oggi essi devono contentarsi di 135 e anche di 130 franchi, ma poiché il raccolto supera del 50 per cento quello dell'anno scorso, il sacrificio non è eccessivo». In altri termini, la maggiore quantità deve compensare il minor prezzo.

(segue...)