(segue) Michele Bianchi
(3 marzo 1930)
[Inizio scritto]
Dopo la Marcia su Roma, che Egli
aveva politicamente preparata e come Segretario del Partito e come
Quadrumviro, Egli accetta tranquillamente un posto di secondo piano,
a carattere piuttosto burocratico: quello di segretario generale del
Ministero degli Interni; di lì passa al Consiglio di Stato.
Lieto di servire il Regime quando lo chiamo al Sottosegretariato dei
LL. PP., con lo stesso animo torna agli Interni; e quando, dopo il
Sottosegretariato agli Interni, va a dirigere, come Ministro, il
Dicastero dei LL. PP., Egli mi ringrazia con le laconiche righe di un
uomo che, avendomi seguito senza eclissi e pentimenti da 15 anni, può
esprimere la sua devozione con una sillaba.
Dirigente del Partito e membro del
Governo, Michele Bianchi è un lavoratore, tenace e metodico,
che fa le lunghe ore di ufficio, che studia a fondo le questioni, che
dà a tutti un luminoso esempio del come si debba compiere il
proprio dovere senza calcoli e senza restrizioni.
Egli non si è risparmiato.
Non ha voluto risparmiarsi nemmeno quando il male lo aveva preso e
piegato.
Fascista integrale, uomo della
Rivoluzione, Egli ha il senso, vorrei dire religioso, dello Stato,
autorità suprema in cui tutto si accentra e si armonizza:
individui e gruppi, passato e futuro, spirito e materia.
Egli sa che lo Stato ha bisogno di
servitori leali, disinteressati e pronti anche alla fatica più
oscura e più ingrata. Ognuno di noi è tratto più
facilmente a ricordare Michele Bianchi giornalista. Segretario del
Partito, Deputato e Ministro; ma quando saranno pubblicati i suoi
scritti e i suoi discorsi si vedrà da quale matura e profonda
concezione fosse ispirata la sua diuturna attività
organizzativa e politica.
In lui le ideologie del vecchio
mondo erano tramontate, senza ritorni o rimpianti. Aveva bruciato i
ponti: non ha mai avuto ricadute nel demoliberalismo. Talvolta,
quantunque uccisa negli Istituti, la mentalità demoliberale
rivive in alcuni stati d'animo e atteggiamenti mentali. Egli fu uno
dei protagonisti della Rivoluzione fascista. Si comprende che
l'antifascismo abbia vanamente tentato di morderlo. Ma la calunnia
sordida sempre spuntò il suo dente avvelenato contro
l'assoluta integrità morale di lui, poiché ben di
Michele Bianchi si può sicuramente dire che non si servì
mai del Fascismo, ma lo servì in umiltà, con tutte le
forze, in tutti i momenti calmi o tempestosi, a seconda degli eventi,
con le audacie rivoluzionarie o con le rinuncie silenziose, sino agli
ultimi istanti della sua vita.
(segue...)
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