(segue) I discorsi di Livorno, Lucca e Firenze
(11, 12, 17 maggio 1930)
[Inizio scritto]
E così sia, in nome dei
martiri della nostra Rivoluzione!
Il giorno
seguente, 12 maggio, il Duce parlò al popolo dal balcone della
Prefettura di Lucca.
Camicie Nere di Lucca!
Gente generosa e intraprendente di
Lucchesia! Voglio incominciare con una confessione e con un profondo
rammarico. Solo oggi mi è stato concesso di visitare questa
vostra incantevole e bellissima città. Ne conosco la storia
gloriosa durante i secoli, ma non ne conoscevo la grande bellezza. Ho
voluto premiare, o Camicie nere, il vostro Fascismo ardente e
quadrato, che mi ha atteso in silenzio, con perfetta disciplina
durante questi dieci anni, così ricchi di eventi, così
gloriosi nella storia della nuova Italia. Oggi vi parlo dopo aver
visitato le mostre della Settimana lucchese, mostre che sono state
una rivelazione per me. Da questa piazza io consiglio in primo luogo
i toscani e poi gli italiani a visitare i padiglioni delle mostre
della Settimana lucchese, perché vi riconosceranno ancora
genuine le qualità che hanno formato il vostro popolo e di cui
voi dovete essere gelosi custodi e tramandatori alle nuove
generazioni.
I prodotti delle vostre terre, dai
marmi alle sete, sono passati innanzi ai miei occhi, e vi ho
ritrovato ancora la vecchia anima degli artigiani, degli agricoltori,
dei mercanti di Lucchesia, che erano e sono disseminati per il mondo.
Non interpretate come una ironia, ma come una testimonianza che vi
deve rendere orgogliosi, la leggenda secondo la quale un lucchese
sarebbe stato in America prima di Colombo. Per questo vostro spirito
secolare di tenacia e d'iniziativa, siete degni della nuova Italia,
che stiamo faticosamente ed incessantemente costruendo.
Io non amo i sedentari. No amo
coloro che temono di avanzare per le aspre e varie vie del mondo; amo
invece coloro che sono pronti a lasciare la Patria conservandone la
fede nel cuore e cercano di conquistarsi, sotto ogni orizzonte, la
loro ricchezza ed il loro destino.
(segue...)
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