(segue) I discorsi di Livorno, Lucca e Firenze
(11, 12, 17 maggio 1930)
[Inizio scritto]
Lo spettacolo che la vostra folla
mi offre oggi è incancellabile. Non solo voi vi ricorderete
per tutta la vita di questo 12 maggio; ma io vi attesto che questa
giornata rimarrà indelebile nella mia memoria. Soprattutto ho
ammirato le Camicie nere di Lucchesia, delle quali ho visto l'anima
così come fu formata da Carlo Scorza.
Durante dieci anni di fatica e di
passione ininterrotta, ho visto nel battaglione «coorte»
delle Camicie nere, una formazione solidissima e pronta a qualsiasi
prova. Ricordatevi, o Legionari, che l'Italia in camicia nera è,
e sarà invincibile! Camicie nere! A chi l'Italia di oggi? di
domani? di sempre, di sempre?
(«A Noi!», rispondono
le Camicie Nere).
Il 17 maggio,
verso la fine del suo periplo toscano, il Duce parlò ai
Fiorentini in Piazza della Signoria.
Camicie Nere fiorentine!
Fierissime ed imbattibili per
ardimento e per fede! Io vi chiedo pochi minuti di raccoglimento e di
silenzio. Con questa gigantesca adunata delle Camicie nere e del
popolo fiorentino, si conclude il mio viaggio per le terre e per le
città della Toscana. Da Grosseto rurale, a Livorno marinara, a
Lucca artigiana, a Pistoia ferrigna, eccomi qui in questa piazza a
contatto spirituale con voi tutti, quasi che io vi riconoscessi ad
uno ad uno, come vi riconosco.
Il vostro saluto giunge a me
potente come il rombo dell'uragano. Quando, nel 1922, il Partito, che
era allora, come oggi, l'asse del Regime, senza del quale non si può
concepire il Regime, come non si può concepire un uomo senza
vertebre, quando nel 1922 muovemmo verso Roma e voi foste fra i
primi, nel proclama del Quadrumvirato era detto: «il Fascismo
snuda la sua spada lucente per tagliare i troppi nodi di Gordio che
irretiscono ed intristiscono la vita della Nazione».
(segue...)
|