(segue) I discorsi di Livorno, Lucca e Firenze
(11, 12, 17 maggio 1930)
[Inizio scritto]

      Noi li aspettiamo al varco. Se, per avventura, qualche cosa di ciò si verificasse alle frontiere, allora noi, popolo, Camicie nere, esercito, combattenti, saremmo al nostro posto, con un impeto mai visto, pronti a spezzare il tentativo stolto e vano. L'Italia fascista ormai è tale compagine, così organizzata in tutte le sue forze, che non si può attaccarla senza rischio mortale.
      Camicie nere! nel 1919 qui tenemmo il primo Congresso nazionale dei Fasci italiani di combattimento. Era una sfida superba che noi lanciavamo a tutto il vecchio mondo esaurito e decrepito, e che, purtuttavia, non si decideva a morire. Quale prodigioso cammino percorso in questi undici anni! Ma la nostra virtù somma e la nostra capacità di rinnovamento continuano. Noi non possiamo mai metterci a sedere. Questo ci è rigorosamente negato, non solo dai compiti interni, ma anche dai fermenti nuovi e impensati, che sorgono a tutti i lati dell'orizzonte.
      Domattina, Camicie nere, vedrete qui una rassegna armata imponentissima. Sono io che l'ho voluta, perché le parole sono bellissima cosa, ma moschetti, mitragliatrici, navi, aeroplani e cannoni sono cose ancora più belle; poiché, o Camicie nere, il diritto, se non è accompagnato dalla forza, è una vana parola e il vostro grande Niccolò Machiavelli avvertiva che i profeti disarmati perirono.
      Queste lezioni della storia e dell'esperienza sono particolarmente suggestive ed eloquenti. Domani mattina, davanti allo spettacolo delle forze armate, tutti vedranno il volto fermo e guerriero dell'Italia fascista. Solo l'Italia fascista, potentemente armata, porrà la sua semplice alternativa: o l'amicizia preziosa o l'ostilità durissima.