(segue) La crisi economica mondiale
(1 ottobre 1930)
[Inizio scritto]
Cito a memoria i casi più
notevoli e più recenti e trascuro i minori, quelli più
tipicamente individuali. Ma voglio tuttavia ricordare gl'interventi
statali per l'industria del marmo, per le cotoniere del Veneto, per
le banche del Veneto e delle Marche.
Naturalmente, coloro che sono già
morti non si possono più salvare. Il Governo fascista non è
insensibile o estraneo alla situazione di disagio, come
l'antifascismo vociferatore e vile va insinuando. Esso ha il polso
della Nazione nelle mani! Tutti i febbricitanti, i malati, i
naufraghi gli lanciano il loro «S.O.S.» ma non tutti
possono essere salvati; taluni meritano, anzi, di colare a picco: la
maggioranza di questi ultimi appartiene alla categoria, ampliatasi
enormemente durante e dopo la guerra, degli abborracciatori di
affari; uomini, più che intraprendenti, temerari; acrobati
dell'industria e della finanza, supremamente e disinvoltamente
enciclopedici nelle iniziative; la loro gamma va dal cemento alla
cioccolata; dal più pesante come il piombo, al più
leggero come la seta artificiale.
Veri Cagliostro del mondo
economico, essi complicano tutto ciò con le innumerevoli
società a catena che sono altre facce dello stesso prisma, con
Consigli di amministrazione che essendo composti di semplici piantoni
non amministrano e non consigliano; con bilanci allegri, con
dividendi inventati. Questa è la vera, l'autentica, la più
pericolosa genia antifascista, di truffatori della buona fede del
pubblico, per i quali la galera è poca cosa; in quanto
l'infinito male che essi provocano li renderebbe, nella loro qualità
di seminatori di rovina e di miseria, passibili e meritevoli della
pena di morte! Già alcuni esempi da Aosta a Campobasso furono
dati, ma d'ora innanzi sarà ben più duramente fatto
sentire che non s'inganna impunemente il pubblico, che non
impunemente si dilapida il denaro faticosamente risparmiato.
(segue...)
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