(segue) Antonio Salandra
(9 dicembre 1931)
[Inizio scritto]
Chi può non ricordare il
grande memorabile discorso del Campidoglio che fu il primo viatico ai
Combattenti in marcia verso i confini e diede una vibrazione profonda
alla Nazione, la quale, diradate le ultime nebbie della contesa e
dell'intrigo, si stringeva in falangi concordi per resistere, per
vincere?
Antonio Salandra, al di sopra
delle fazioni parlamentari, raccolse la voce delle moltitudini,
ascoltò le invocazioni degli irredenti, sentì nei
protagonisti del maggio gli annunziatori della nuova coscienza della
Patria e lanciò la parola suprema.
È nel 1915 che Antonio
Salandra ha «fatto» la Storia: quella storia, che egli
scrisse soltanto dopo 15 anni, sentendo la sua vita al crepuscolo.
Uomo di destra, nel senso nobile e
austero di questa parola fra il '60 e il '70, Antonio Salandra
simpatizzò apertamente negli anni oscuri del dopoguerra con le
forze nazionali e con quelle del Fascismo.
Il discorso pronunciato a Milano
fu un atto di fede. All'inizio del 1925, egli credette che il Regime
fascista potesse rientrare nell'alveo della vecchia pratica
costituzionale; ma, dopo il 3 gennaio, egli comprese che la
Rivoluzione non poteva scendere a compromessi, poiché fin dal
gennaio 1923 la rottura fra il vecchio ed il nuovo Regime si era
verificata definitiva ed irrevocabile. Antonio Salandra si ritirò
praticamente dalla vita politica, ma non mancò di manifestare
la sua solidarietà al Governo fascista, e nella politica
finanziaria ed in quella verso la Chiesa. Un alto senso del dovere
dello Stato, particolarmente operante, guidò tutta l'attività
di Antonio Salandra: nel Parlamento, negli Uffici, nel Governo, nelle
Università.
Signori Senatori, il Governo si
associa alle parole del vostro Presidente ed al cordoglio
dell'Assemblea.
(segue...)
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