(segue) La Roma di Mussolini
(18 marzo 1932)
[Inizio scritto]

      «Per diventare un popolo indipendente ed uno Stato militare, bisogna che l'Italia paghi di più, che lavori e produca di più. In questo momento (1864) i migliori cittadini sono un borghese che fondi una manifattura, un proprietario che dissodi la terra ed un operaio che prolunghi la propria giornata di un'ora. Non si tratta di schiamazzare e di leggere i giornali, ma di vangare, di calcolare, di studiare, di inventare, occupazioni tutte noiose positive costruttive che si lascerebbero volontieri agli occhi del nord. È duro passare dalla vita epicurea e speculativa a quella industriale e militante, sembra di diventare direttamente da patrizio un servo ed una macchina, ma bisogna optare quando si vuole formare una grande Nazione. Bisogna, per resistere in faccia agli altri, accettare la necessità che si impone agli altri, cioè il lavoro regolare, assiduo, continuo, il dominio di se stessi, la disciplina volta con metodo verso i fini fissi, l'arruolamento dell'individuo serrato nei quadri e stimolato dalla concorrenza, la concentrazione di ogni facoltà, l'indurimento dello sforzo».
      È questo che noi andiamo facendo da dieci anni. Tutto il pittoresco sudicio è affidato a S. M. il piccone, Tutto questo pittoresco è destinato a crollare e deve crollare in nome della decenza, della igiene e, se volete, anche della bellezza della Capitale.
      Ma la Roma moderna merita di essere conosciuta dagli italiani, i quali, essendo rimasti ai tempi di Chateaubriand e di Taine, si sono fissi in testa che Roma sia la città degli impiegati.
      Non è vero. Io l'ho dimostrato in un articolo dell'agosto scorso, nel quale sulla base delle statistiche rimessemi dalla Ragioneria Generale dello Stato, si precisava che il personale civile residente a Roma, di ruolo, compresi, si noti bene, i magistrati ed i professori, è di sole 13.014 unità in ruolo e di 2282 unità fuori ruolo. E si capisce, perché la burocrazia civile si compone di circa 60.000 unità in tutto il Regno.

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