(segue) La Roma di Mussolini
(18 marzo 1932)
[Inizio scritto]

      Non è vero, dunque, che Roma sia una città di impiegati che vive soltanto sugli stipendi dello Stato.
      Ma quel che sembrò allora una rivelazione, e forse vale la pena di consegnarla anche al verbale di questa seduta, è che Roma, dopo Milano e Torino, è la città che ha il maggiore complesso di piccole e medie industrie del Regno. Al 30 giugno del 1931 le ditte industriali della città di Roma erano 3517 con 80.000 dipendenti ed esattamente 78.628 operai e 6420 impiegati. Roma, dunque, lavora. Roma dà alla bilancia dei pagamenti, cioè al dare e all'avere internazionale una fortissima partecipazione in attivo. Ma Roma cresce. Non cresce solo per l'immigrazione, perché, se fosse per questo, non ne sarei affatto entusiasta. Le mostruose città che si sviluppano geometricamente finiscono per fare il deserto intorno a loro, e sul deserto non si vive. Vedi Berlino che, nell'anno scorso, ha perduto 43.000 abitanti, i quali hanno trovato più conveniente e più economico ritornare ai loro borghi e ai loro villaggi.
      Roma ha una forte natalità: il popolo romano è fecondo. Difatti, limitandomi agli ultimi dati, il supero dei nati sui morti è di 11.404 nel 1930 e di 10.191 nel 1931.
      Alla fine di gennaio dell'anno in corso Roma contava 1.023.517 abitanti. Si può prevedere che questo sviluppo continuerà. Allora bisogna conciliare le esigenze dell'antico con le esigenze del moderno. Fare delle grandi strade, anche larghe, senatore Corrado Ricci.
      Oggi a Roma ci sono circa 30.000 veicoli. Bisogna pensare che fra 5 anni ve ne saranno almeno 50.000 o 60.000. Il problema dei rumori sarà risolto il giorno in cui il numero dei veicoli sarà aumentato, il che sembra contraddizione, ma non lo è, perché quando i veicoli sono moltissimi, tutti devono incanalarsi l'uno dietro l'altro e allora non c'è più motivo di vessare il pubblico con degli strombettamenti inutili.

(segue...)