(segue) La dottrina del Fascismo: I. Idee fondamentali - II. Dottrina politica e sociale
(giugno 1932)
[Inizio scritto]

      Fin qui Renan. Il fascismo respinge nella democrazia l'assurda menzogna convenzionale dell'egualitarismo politico e l'abito dell'irresponsabilità collettiva e il mito della felicità e del progresso indefinito. Ma, se la democrazia può essere diversamente intesa, cioè se democrazia significa non respingere il popolo ai margini dello Stato, il fascismo poté da chi scrive essere definito una «democrazia organizzata, centralizzata, autoritaria».
      8. — Di fronte alle dottrine liberali, il fascismo è in atteggiamento di assoluta opposizione, e nel campo della politica e in quello dell'economia. Non bisogna esagerare — a scopi semplicemente di polemica attuale — l'importanza del liberalismo nel secolo scorso, e fare di quella che fu una delle numerose dottrine sbocciate in quel secolo, una religione dell'umanità per tutti i tempi presenti e futuri. Il liberalismo non fiorì che per un quindicennio. Nacque nel 1830 come reazione alla Santa Alleanza che voleva respingere l'Europa al pre-'89, ed ebbe il suo anno di splendore nel 1848 quando anche Pio IX fu liberale. Subito dopo cominciò la decadenza. Se il '48 fu un anno di luce e di poesia, il '49 fu un anno di tenebre e di tragedia. La repubblica di Roma fu uccisa da un'altra repubblica, quella di Francia. Nello stesso anno, Marx lanciava il vangelo della religione del socialismo, col famoso Manifesto dei comunisti. Nel 1851 Napoleone III fa il suo illiberale colpo di Stato e regna sulla Francia fino al 1870, quando fu rovesciato da un moto di popolo, ma in seguito a una disfatta militare fra le più grandi che conti la storia. Il vittorioso è Bismarck, il quale non seppe mai dove stesse di casa la religione della libertà e di quali profeti si servisse. È sintomatico che un popolo di alta civiltà, come il popolo tedesco, abbia ignorato in pieno, per tutto il sec. XIX, la religione della libertà. Non ce che una parentesi. Rappresentata da quello che è stato chiamato il «ridicolo parlamento di Francoforte», che durò una stagione. La Germania ha raggiunto la sua unità nazionale al di fuori del liberalismo, contro il liberalismo, dottrina che sembra estranea all'anima tedesca, anima essenzialmente monarchica, mentre il liberalismo è l'anticamera storica e logica dell'anarchia. Le tappe dell'unità tedesca sono le tre guerre del '64, '66, '70, guidate da «liberali» come Moltke e Bismarck. Quanto all'unità italiana, il liberalismo vi ha avuto una parte assolutamente inferiore all'apporto dato da Mazzini e da Garibaldi che liberali non furono. Senza l'intervento dell'illiberale Napoleone, non avremmo avuto la Lombardia, e senza l'aiuto dell'illiberale Bismarck a Sadowa e a Sedan, molto probabilmente non avremmo avuto, nel '66, la Venezia; e nel 1870 non saremmo entrati a Roma. Dal 1870 al 1915, corre il periodo nel quale gli stessi sacerdoti del nuovo credo accusano il crepuscolo della loro religione: battuta in breccia dal decadentismo nella letteratura, dall'attivismo nella pratica. Attivismo: cioè nazionalismo, futurismo, fascismo. Il secolo «liberale» dopo avere accumulato un'infinità di nodi gordiani, cerca di scioglierli con l'ecatombe della guerra mondiale. Mai nessuna religione impose così immane sacrificio. Gli dei del liberalismo avevano sete di sangue? Ora il liberalismo sta per chiudere le porte dei suoi templi deserti perché i popoli sentono che il suo agnosticismo nell'economia, il suo indifferentismo nella politica e nella morale condurrebbe, come ha condotto, a sicura rovina gli Stati. Si spiega con ciò che tutte le esperienze politiche del mondo contemporaneo sono antiliberali ed è supremamente ridicolo volerle perciò classificare fuori della storia; come se la storia fosse una bandita di caccia riservata al liberalismo e ai suoi professori, come se il liberalismo fosse la parola definitiva e non più superabile della civiltà.

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