(segue) La dottrina del Fascismo: I. Idee fondamentali - II. Dottrina politica e sociale
(giugno 1932)
[Inizio scritto]
11. — Dal 1929 a oggi,
l'evoluzione economica politica universale ha ancora rafforzato
queste posizioni dottrinali. Chi giganteggia è lo Stato. Chi
può risolvere le drammatiche contraddizioni del capitalismo è
lo Stato. Quella che si chiama crisi, non si può risolvere se
non dallo Stato, entro lo Stato. Dove sono le ombre dei Jules Simon,
che agli albori del liberalismo proclamavano che «lo Stato deve
lavorare a rendersi inutile e a preparare le sue dimissioni»?
Dei MacCulloch, che nella seconda metà del secolo scorso
affermavano che lo Stato deve astenersi dal troppo governare? E che
cosa direbbe mai dinnanzi ai continui, sollecitati, inevitabili
interventi dello Stato nelle vicende economiche, l'inglese Bentham,
secondo il quale l'industria avrebbe dovuto chiedere allo Stato
soltanto di essere lasciata in pace, o il tedesco Humboldt, secondo
il quale lo Stato «ozioso» doveva essere considerato il
migliore? Vero è che la seconda ondata degli economisti
liberali fu meno estremista della prima e già lo stesso Smith
apriva — sia pure cautamente — la porta agli interventi
dello Stato nell'economia. Se chi dice liberalismo dice individuo,
chi dice fascismo dice Stato. Ma lo Stato fascista è unico ed
è una creazione originale. Non è reazionario, ma
rivoluzionario, in quanto anticipa le soluzioni di determinati
problemi universali quali sono posti altrove nel campo politico dal
frazionamento dei partiti, dal prepotere del parlamentarismo,
dall'irresponsabilità delle assemblee: nel campo economico
dalle funzioni sindacali sempre più numerose e potenti sia nel
settore operaio come in quello industriale, dai loro conflitti e
dalle loro intese; nel campo morale dalla necessità
dell'ordine, della disciplina, dell'obbedienza a quelli che sono i
dettami morali della patria. Il fascismo vuole lo Stato forte,
organico e al tempo stesso poggiato su una larga base popolare. Lo
Stato fascista ha rivendicato a sé anche il campo
dell'economia e, attraverso le istituzioni corporative, sociali,
educative dai lui create, il senso dello Stato arriva sino alle
estreme propaggini, e nello Stato circolano, inquadrate nelle
rispettive organizzazioni, tutte le forze politiche, economiche,
spirituali della nazione. Uno Stato che poggia su milioni d'individui
che lo riconoscono, lo sentono, sono pronti a servirlo, non è
lo Stato tirannico del signore medievale. Non ha niente di comune con
gli Stati assolutistici di prima o dopo l'89. L'individuo nello Stato
fascista non è annullato, ma piuttosto moltiplicato, così
come in un reggimento un soldato non è diminuito, ma
moltiplicato per il numero dei suoi camerati. Lo Stato fascista
organizza la nazione, ma lascia poi agli individui margini
sufficienti; esso ha limitato le libertà inutili o nocive e ha
conservato quelle essenziali. Chi giudica su questo terreno non può
essere l'individuo, ma soltanto lo Stato.
(segue...)
|