(segue) I progressi della «Battaglia del grano»
(24 settembre 1932)
[Inizio scritto]
Tali attacchi, secondo le
asserzioni dei tecnici, hanno fatto perdere da cinque a sei milioni
di quintali di prodotto. La conquista dell'aumentato rendimento è
una vittoria della tecnica colturale, che si è ormai affermata
su posizioni decise: sistemazioni migliori di piano e di colle; buona
preparazione del terreno prima della semina; adozione di oculati
avvicendamenti; impiego delle razze elette, specialmente precoci;
cure colturali diligenti; ma è dovuta, soprattutto alla
tenacia e all'entusiasmo delle classi rurali. E mi rallegro nel
constatare come questo anno l'impiego delle sementi elette abbia
raggiunto il 53 per cento.
Qualche cifra sulle produzioni
delle regioni più granicole: la Lombardia ha aumentato la
produzione, ma ha abbassato lievemente il rendimento per ettaro, da
25,3 a 25,1; il Veneto è passato, invece, da 20,5 a 22,1.
L'Emilia ha fatto un balzo in avanti: da 21,4 a 26,6. Bene la
Toscana, da 14,1 a 14,9. Meglio le Marche da 12,7 a 15,3. Meglio
ancora l'Abruzzo da 9,5 a 12,1. Sono da considerare, poi, sforzi non
lievi nell'ascesa: quelli della Basilicata e della Sicilia, da 10,6 a
11,7; delle Puglie, da 12,2 a 13,2; della sempre più forte
Sardegna, da 8,4 a 11,1.
La «Battaglia del grano»
segna, adunque, nel 1932, un nuovo e ragguardevole successo. Le
classi rurali italiane hanno lavorato col ritmo impresso dal Regime
Fascista, sorrette dagli organismi tecnici dell'Agricoltura, ai quali
va un elogio che essi hanno meritato. Gli agricoltori italiani sanno
che la tappa del 1932 deve preparare alla completa vittoria. Ricordo
loro che le conquiste si raggiungono con la tenacia e con l'impiego
di armi appropriate, ed una di queste per la «Battaglia del
grano» si identifica con la fertilizzazione delle terre.
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