(segue) Primo discorso per il decennale
(17 ottobre 1932)
[Inizio scritto]
Si è posto anche il
problema dei giovani. Il problema dei giovani si pone da sé.
Lo pone la vita, la quale ha le sue stagioni, come la natura. Ora,
nel secondo Decennio bisogna fare largo ai giovani. Nessuno è
più vecchio di colui che ha la gelosia della giovinezza. Noi
vogliamo che i giovani raccolgano la nostra fiaccola, si infiammino
della nostra fede e siano pronti e decisi a continuare la nostra
fatica. Occorre fascistizzare ancora più quelli che io chiamo
gli angoli morti della vita nazionale, non farsi troppo assorbire
dalla ordinaria amministrazione fino al punto di rinunziare a quella
che è la gioia e l'ebbrezza del rischio, essere pronti a tutto
quello che può costituire il compito più severo di
domani.
Voi vi riunite oggi in Roma, in
questa Roma che noi volemmo, per rialzarla nell'amore e nell'orgoglio
degli italiani e nell'ammirazione del mondo. Vi riunite in questa
Piazza che è il cuore di Roma e quindi il cuore d'Italia
(vivissimi applausi), non solo perché c'è Palazzo
Venezia, costruito da una di quelle città che noi possiamo
chiamare imperiali, come Genova, Pisa, Amalfi, Ravenna ed anche
Firenze, che diffuse l'imperialismo immortale del suo genio; non già
perché in quel Palazzo che voi vedete è morta la madre
di Napoleone appena 96 anni or sono — di quel Buonaparte
tagliato nella razza possente dei Dante e dei Michelangelo, che non
imparò mai a pronunciare correttamente il francese, quel
Buonaparte al quale noi siamo grati per aver acceso la prima fiaccola
dell'unità della Patria, e per aver chiamato alle armi gli
italiani, che egli stesso definì tra i migliori soldati
d'Europa — ma perché qui c'è l'ara del Milite
Ignoto e l'ara dei Caduti Fascisti.
Il Milite Ignoto è il
simbolo dell'Italia una, vittoriosa, fascista, una dalle Alpi di
Aosta romana fino al mare di Trapani, che vide la disfatta delle navi
cartaginesi. Egli è la testimonianza suprema di ciò che
fu, la certezza infallibile di ciò che sarà!
(segue...)
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