XXIV Maggio
(23 maggio 1933)
Il «Popolo
d'Italia», il 23 maggio 1933, pubblicava il seguente articolo
dettato dal Duce per il XVIII anniversario del XXIV maggio 1915, data
della nostra entrata in Guerra:
Nella vasta letteratura provocata
dalla guerra mondiale — volumi quindicimila sin qui, in tutte
le lingue — l'Italia è rappresentata da una aliquota
modesta e comunque non certamente proporzionata all'entità del
nostro sforzo. Questa nostra «discrezione», sulle cui
cause è inutile fare discorso, ha giovato a tutti coloro che
per motivi politici hanno cercato di svalutare il contributo di
sangue dato dall'Italia alla vittoria degli Alleati. È questo
uno dei motivi, per cui, a parte l'intrinseco, notevolissimo valore
del libro — mi è grato presentare ai lettori italiani —
combattenti e non combattenti — il volume del generale Adriano
Alberti, avente per obiettivo la raccolta e l'illustrazione delle
testimonianze straniere sulla guerra italiana. Il libro è
diligentemente documentato, bene congegnato come distribuzione della
materia, scritto in una forma non ridondante ma per ciò stesso
più efficace; è un libro che fa ricordare molti eventi
dimenticati, e imparare molte cose, in gran parte e da quasi tutti
ignorate. È un libro che rende piena, solare giustizia alla
magnifica prova delle armi italiane e quel che più conta
attraverso le parole degli ex-nemici, È un libro che deve
essere letto, diffuso e meditato, non solo in Italia, ma nel mondo,
poiché ristabilisce la verità offuscata per troppo
tempo dalla diffamazione e dalla menzogna.
Non voglio soffermarmi sulle prime
cinquanta pagine dedicate ai precedenti del nostro intervento e alle
negoziazioni con l'Austria. Oramai anche da parte ex-nemica si è
giunti alla convinzione che l'Italia non poteva marciare con
l'Austria, che l'Italia non poteva accettare il «parecchio»
offerto nell'ora estrema. Due sole testimonianze basteranno. Quella
di von Bülow, il quale nelle sue Memorie deplora la scarsa
lealtà di Berlino le continue oscillazioni dei Bethmann, dei
Berchtold e simili Burian; le suscettibilità senili per cui si
erano sempre trattati gli alleati italiani da quantité
negligeable e di avere avuto mano libera quando era ormai troppo
tardi. Non meno esplicito è nelle sue Memorie anche il
principe di Windischgraetz — che fu durante la guerra ministro
del vettovagliamento in Ungheria — il quale denuncia la
inettitudine di Burian che negoziava con l'Italia senza mai giungere
a sapere quanto si doveva accordare e quanto rifiutare, il tutto
conseguenza da parte nostra (austro-ungarica), della mancanza di un
programma e di assenza assoluta di onestà. Gli italiani —
dice il Windischgraetz — sapevano che nel caso in cui noi
fossimo stati i vincitori, avremmo ripreso loro immediatamente quanto
avevamo promesso.
(segue...)
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