(segue) XXIV Maggio
(23 maggio 1933)
[Inizio scritto]
Il generale Alberti riporta,
quindi, alcune bellissime pagine dedicate da Trevelyan alla
espugnazione del Sabotino, alla conquista del Podgora, all'entrata in
Gorizia. Si leggono con emozione, vi ritroviamo i nomi di Badoglio e
di Baruzzi. Anche il colonnello d'artiglieria francese Corda,
ricordando dopo la presa di Gorizia la 7a, 8a, 9a battaglia
dell'Isonzo, riconosce che il 1916, dal punto di vista guerra, si
chiudeva brillantemente per l'esercito italiano.
Dopo pochi mesi di sosta
invernale, nel maggio-giugno 1917, cominciò la decima
battaglia dell'Isonzo, sul fronte da Tolmino al mare. Quale e quanto
spirito animasse i soldati italiani è detto dal generale
Pitreich, Capo di S. M. di Boroevic.
Con ostinazione — dice il
Pitreich — che bisogna riconoscere, continuarono gli italiani
il 25, 26 e 27 maggio i loro sforzi di aprirsi a forza la via di
Trieste. Giorno e notte, specialmente sull'altipiano carsico, si
combatté furiosamente corpo a corpo. Se dovette recare stupore
l'ostinazione con la quale il nemico cercò, con ripetuti
sforzi, di conquistare i suoi obiettivi, tanto nella zona di quota
652 di Monte Santo, quanto nella valle del Vippacco, d'altra parte
anche gli attacchi in massa, contro la salda difesa dell'altipiano di
Comen, erano, per vero dire, arditamente pazzeschi. Una magnifica
pagina, è dedicata dallo scrittore inglese Trevelyan a quelle
giornate di gloria e di sangue, nelle quali, rifulse in tutta la sua
luce, l'eroismo dei soldati d'Italia.
Dall'altra parte del fiume —
scrive il Trevelyan — la battaglia sul Monte Kuk procedeva
bene. Il fianco scosceso della montagna insuperato per due anni,
finalmente cadeva. Il bombardamento preliminare italiano aveva
distrutto in poche ore i reticolati e le trincee austriache, come
l'anno prima del Sabotino. La fanteria, lanciata all'assalto, si
arrampicava in ordine serrato sul tratto più erto del lungo
pendio, e raggiunta la vetta si impegnava in una serie di attacchi e
contrattacchi. Tutte le armi: fanteria, genio, artiglieria
gareggiavano in bravura... Di notte, quella strada lungo la gola era
soffusa di bellezza e d'incanto; i pinnacoli del Sabotino, alti fra
le stelle, eruttavano fuoco dalla roccia; s'udiva accanto, unica voce
nella vallata, il fiume invisibile e si sentiva la presenza dei due
eserciti silenziosi; i riflettori, lentamente erranti da cima a cima,
ora illuminavano il nudo baluardo del San Gabriele, ora percuotevano
l'ultimo ischeletrito avanzo del Convento sulla vetta del Santo, ora
spingevano al di la i loro fasci luminosi, abbaglianti di bianchezza,
fra la montagna nera e il cielo nero, sempre diritti e puntati, come
l'indice scarno e teso della morte.
(segue...)
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