(segue) XXIV Maggio
(23 maggio 1933)
[Inizio scritto]

      Il colonnello Glaise Horstenau, ora direttore dell'Archivio di guerra di Vienna, così parla di Vittorio Veneto: Sui monti tra Brenta e Piave, divampò una lotta durata quattro giorni che per la violenza in nulla cedette alle grandi battaglie della guerra mondiale e che divenne una spaventosa tragedia della storia della guerra... Su ogni rupe, intorno ad ogni caverna, ad ogni galleria, si lottò con indescrivibile accanimento.
      Le conseguenze della vittoria italiana furono irreparabili per gli Imperi centrali. Il generale tedesco von Bernhardi dichiara laconicamente: In Italia avvenne la decisione. Meno laconico, ma non meno eloquente, il pensiero di Ludendorff: Dopo il giugno del 1918 la sensazione che avevamo perduto la guerra diventò in noi ogni giorno più precisa ed in questo amaro stato d'animo continuammo la lotta estenuante sul fronte di Francia, perché nessun generale consentirà a dichiararsi vinto fino a quando vi sia una sola speranza di poter correggere le sorti della lotta e vi sia la possibilità di trovarsi in buone condizioni per le trattative di pace. Nell'ottobre del 1918 ancora una volta sulla fronte italiana rintronò il colpo mortale. A Vittorio Veneto l'Austria non aveva perduto una battaglia, ma aveva perduto la guerra e se stessa, trascinando anche la Germania nella propria rovina. Senza la battaglia distruttrice di Vittorio Veneto, in unione d'armi con la monarchia austro-ungarica avremmo potuto continuare la resistenza disperata per tutto l'inverno...
      È dunque l'Italia che ha evitato agli Alleati un quinto inverno in trincea e costretto la Germania a deporre le armi. È, dunque, stata l'Italia uno dei massimi fattori determinanti della vittoria degli Alleati. Vittoria dovuta alla tenacia, alla resistenza, all'eroismo dei soldati italiani.
      Udite, udite, o uomini di buona fede, come ne parla l'Arciduca Giuseppe, comandante il 7° Corpo d'Armata austro-ungarico. Siamo al 24 ottobre del 1915. L'Arciduca scrive:

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