(segue) Il Patto a quattro
(7 giugno 1933)
[Inizio scritto]
È una rivoluzione di
popolo, fatta da uomini usciti dalla guerra e dal popolo. Non è
il colpo di Stato che viene dall'alto.
È un'affermazione che sale
da 20 milioni di tedeschi.
Sul piano internazionale riaffermo
quanto dissi altra volta, in questa stessa aula:
La Germania esiste nel cuore
dell'Europa con la sua massa imponente di 65 milioni di abitanti; con
la sua storia, la sua cultura, le sue necessità; una politica
veramente europea e diretta al mantenimento della pace non si può
fare senza la Germania, e, peggio ancora, contro la Germania
(approvazioni); tanto meno si potrà condurre siffatta politica
quanto più la Germania orienterà la sua azione
internazionale, secondo i punti essenziali contenuti nel
programmatico discorso di Hitler. (Applausi vivissimi).
Della parte avuta dall'Italia nel
Patto, io non terrò lungo discorso. L'iniziativa italiana è
stata dettata dalle ragioni che vi ho esposto in principio. Essa è
l'affermazione categorica, indiscutibile della nostra volontà
di collaborazione e di pace. Durante le conversazioni il Ministero
degli Esteri ha tenuto e coordinato le fila ed aiutato — volta
a volta — a superare le difficoltà.
Mi sia permesso a questo proposito
di ringraziare dinanzi a quest'alta assemblea i tre Ambasciatori di
Francia, Germania, Inghilterra, per l'opera veramente assidua da essi
prestata nello svolgersi del negoziato. (Vivissimi generali
applausi). Non voglio passare sotto silenzio l'adesione significativa
data dal Belgio al Patto a quattro. (Applausi).
Questo Patto interessa
direttamente Stati coi quali pratichiamo da anni una politica di
schietta, salda amicizia: parlo dell'Austria e dell'Ungheria, nel
bacino danubiano (applausi), e della Turchia e della Grecia nel
Mediterraneo Orientale. Esso interessa egualmente un altro grande
Stato: l'Unione delle Repubbliche Sovietiche, con cui ultimamente
abbiamo concluso un trattato di commercio.
(segue...)
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