Roosevelt e il sistema
(7 luglio 1933)
Questo articolo,
come il precedente, fu scritto per l'«l'Universal Service».
Venne pubblicato sul «Popolo d'Italia» del 7 luglio 1933.
Lette attentamente le 287 pagine
del libro di Roosevelt Looking formards; riposto il volume nella
biblioteca, ma in evidenza per ogni utile consultazione,
l'interrogativo che io posi a Roma il 16 ottobre 1932 nella grande
riunione delle gerarchie del Regime, mi è tornato
istantaneamente alle labbra: quella che viviamo da ormai quattro
anni, è una crisi «nel» sistema o è una
crisi «del» sistema? Come risponde Roosevelt a questa
urgente domanda? Solo a pagina 263, Roosevelt sembra accennare che la
crisi non è una delle solite crisi ricorrenti o cicliche, ma
una crisi costituzionale o di civiltà. «Se, egli dice,
l'attuale ordine sociale è destinato a sopravvivere, dovrà
dimostrarsi degno dei nostri sforzi, del nostro spirito di sacrificio
e delle vite di quanti ci hanno preceduto. E dovrà
dimostrarsene degno nel giro di pochi anni. Bisogna riconoscere, che
nelle forze economiche mondiali si sono verificate delle profonde
modificazioni in un tempo assai breve». È, a mio avviso,
già straordinariamente eloquente che Roosevelt possa dubitare
sulla durata dell'attuale sistema economico, ma da tutto il resto del
libro — che suscita in ogni pagina l'interesse vivissimo del
lettore — risulta che per Roosevelt la crisi è «nel»
sistema. Il Presidente degli Stati Uniti ha già abbandonato,
nella maniera più decisiva, il terreno classico dell'economia
liberale. Egli si è buttato alle spalle il manchesteriano
«lasciar fare, lasciar passare». Egli dice che il
«lasciar fare» ha condotto gli Stati Uniti a subire una
vera dominazione oligarchica da parte di poche centinaia di persone
ai danni dell'intero popolo, che, dopo un periodo di pericolose
illusioni, si è visto ai margini del baratro economico e della
catastrofe sociale.
(segue...)
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