(segue) Roosevelt e il sistema
(7 luglio 1933)
[Inizio scritto]
Il Roosevelt del resto, nel suo
libro scende a definire questa politica di intervento programmatico e
per quanto concerne l'agricoltura — che è in cima ai
suoi pensieri — e per quanto riguarda le imprese di pubblica
utilità, il regime dei trasporti, quello delle banche e del
risparmio, quello delle dogane e dei rapporti internazionali. Contro
l'oligarchia economica, ferocemente tartassata da Roosevelt, che cita
anche i casi più clamorosi di scandali, egli oppone «una
dichiarazione economica dei diritti a stabilire un ordinamento
economico, costituzionale. Compito comune agli uomini di Stato e agli
uomini di affari. Fortunatamente i tempi ammoniscono che la creazione
di un ordine siffatto non è soltanto una opportuna azione
politica da parte del Governo, ma altresì l'unica via di
salvezza della nostra struttura economica». Un'altra
affermazione di Roosevelt che fa riflettere, che risponde alla realtà
e che riprova come il Presidente non sia più ancorato ai dogmi
del liberalismo economico è questa: «Sappiamo che la
libertà individuale e la prosperità individuale sono
espressioni vuote di senso, qualora l'una e l'altra non vengano
disciplinate in modo che il pane di Tizio non si converta in veleno
per Caio». Molti si sono domandati in America e in Europa,
quanto «fascismo» ci sia nella dottrina e nella pratica
del Presidente americano. Non bisogna correre e generalizzare. Di
comune col Fascismo, c'è che lo Stato non può
disinteressarsi delle sorti dell'economia, poiché equivarrebbe
a disinteressarsi delle sorti del popolo.
Vi è anche qua e là
nel libro di Roosevelt l'accenno alla necessità di una
collaborazione fra tutti gli elementi della produzione, che potrebbe
ricordare le basi della Corporazione fascista. Ma mentre il Fascismo
ha innovato profondamente — con una vera e propria rivoluzione
— creando cioè gli istituti idonei per risolvere
organicamente i problemi che angustiano gli Stati Uniti, Roosevelt
non affronta, nel suo libro, nessuno di questi problemi è cioè
il riconoscimento giuridico dei Sindacati operai e padronali, il
divieto di sciopero e di serrata, la magistratura del Lavoro, le
corporazioni, infine, nazionali e di categoria che devono portare le
categorie, sotto l'egida dello Stato, al proprio self-government. Il
Roosevelt è ancora al sistema dell'intervento indiretto dello
Stato attraverso l'azione di Commissioni più o meno
permanenti, di carattere politico od amministrativo. L'atmosfera
nella quale tutto il sistema dottrinario e pratico si muove, è
certamente affine a quella del Fascismo, ma sarebbe esagerato dire di
più. Quando parlo di atmosfera, ripenso a queste parole di
Roosevelt: «Ci occorre entusiasmo, immaginazione, coraggio di
guardare la realtà in faccia: anche quella sgradita. Dobbiamo
correggere anche con mezzi ostici, se necessario, i difetti del
nostro sistema economico. Ci occorre il coraggio dei giovani».
Questo appello ai giovani, questo affrontare la battaglia con
decisione e con pessimismo virile, appartiene a quello stile, a quel
«modo di vita» cui il Fascismo ha educato e intende
sempre più educare il popolo italiano.
(segue...)
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