(segue) Discorso del XIV novembre per lo Stato Corporativo
(14 novembre 1933)
[Inizio scritto]
Viene la guerra. Dopo la guerra e
in conseguenza della guerra, l'impresa capitalistica si inflaziona.
L'ordine di grandezza dell'impresa passa dal milione al miliardo. Le
cosiddette costruzioni verticali, a vederle da lontano, danno l'idea
del mostruoso e del babelico.
Le stesse dimensioni dell'impresa
superano la possibilità dell'uomo. Prima era lo spirito che
aveva dominato la materia, ora è la materia che piega e
soggioga lo spirito.
Quello che era fisiologia diventa
patologia, tutto diventa abnorme. Due personaggi — poiché
in tutte le vicende umane balzano all'orizzonte gli uomini
rappresentativi — due personaggi possono essere identificati
come i rappresentanti di questa situazione: Kreuger, il fiammiferaio
svedese, e Insull, l'affarista americano.
Con quella verità brutale
che è nel nostro costume di fascisti, aggiungiamo che anche in
Italia ci sono state manifestazioni del genere: però, nel
complesso, non sono arrivate a quelle cime. (Applausi).
Giunto a questa fase il
supercapitalismo trae la sua ispirazione e la sua giustificazione da
questa utopia: l'utopia dei consumi illimitati. L'ideale del
supercapitalismo sarebbe la standardizzazione del genere umano dalla
culla alla bara. (Applausi).
Il supercapitalismo vorrebbe che
tutti gli uomini nascessero della stessa lunghezza, in modo che si
potessero fare delle culle standardizzate; vorrebbe che i bambini
desiderassero gli stessi giocattoli, che gli uomini andassero vestiti
della stessa divisa, che leggessero tutti lo stesso libro, che
fossero tutti degli stessi gusti al cinematografo, che tutti infine
desiderassero una cosiddetta macchina utilitaria. (Applausi).
Questo non è un capriccio,
ma è nella logica delle cose, perché solo in questo
modo il supercapitalismo può fare i suoi piani.
(segue...)
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