(segue) Discorso del XIV novembre per lo Stato Corporativo
(14 novembre 1933)
[Inizio scritto]
Ma noi dobbiamo volere che gli
operai italiani, i quali ci interessano nella loro qualità di
italiani, di operai e di fascisti, sentano che noi non creiamo degli
istituti soltanto per dare forma ai nostri schemi dottrinari, ma
creiamo degli istituti che devono dare a un certo momento dei
risultati positivi, concreti, pratici e tangibili. (Applausi).
Non mi soffermo sui compiti
conciliativi che la Corporazione può svolgere, e non vedo
nessun inconveniente alla pratica dei compiti consultivi. Già
adesso accade che tutte le volte che il Governo deve prendere dei
provvedimenti di una certa importanza, chiama gli interessati.
Se domani ciò diventa
obbligatorio per determinate questioni, io non ci vedo alcun che di
male, perché tutto ciò che accosta il cittadino allo
Stato, tutto ciò che fa entrare il cittadino dentro
l'ingranaggio dello Stato, è utile ai fini sociali e nazionali
del Fascismo.
Il nostro Stato non è uno
Stato assoluto, e meno ancora assolutista, lontano dagli uomini ed
armato soltanto di leggi inflessibili come le leggi devono essere.
Il nostro Stato è uno Stato
organico, umano, che vuole aderire alla realtà della vita.
La stessa burocrazia non è
oggi, e meno ancora domani vuol essere un diaframma fra quella che è
l'opera dello Stato e quelli che sono gli interessi e i bisogni
effettivi e concreti del popolo italiano.
Io sono certissimo che la
burocrazia italiana, che è ammirevole, la burocrazia italiana,
così come ha fatto fin qui, domani, lavorerà con le
Corporazioni tutte le volte che sarà necessario per la più
feconda soluzione dei problemi.
Ma il punto che più ha
appassionato questa assemblea è quello che intende dare al
Consiglio Nazionale delle Corporazioni dei poteri legislativi.
(segue...)
|