(segue) Discorso del XIV novembre per lo Stato Corporativo
(14 novembre 1933)
[Inizio scritto]
Noi abbiamo respinto la teoria
dell'uomo economico, la teoria liberale, e ci siamo inalberati tutte
le volte che abbiamo sentito dire che il lavoro è una merce.
L'uomo economico non esiste,
esiste l'uomo integrale che è politico, che è
economico, che è religioso, che è santo, che è
guerriero. (Applausi vivissimi).
Oggi noi facciamo nuovamente un
passo deciso sulla via della Rivoluzione.
Giustamente ha detto il camerata
Tassinari che una rivoluzione per esser grande, per dare una impronta
profonda nella vita di un popolo nella storia, deve essere sociale.
Se ficcate il viso nel profondo,
voi vedete che la Rivoluzione francese fu eminentemente sociale,
perché demolì tutto quello che era rimasto del Medioevo
dai pedaggi alle «corvées», sociale perché
provocò il vasto rivolgimento di tutto quello che era la
distribuzione terriera della Francia, e creò quei milioni di
proprietari che sono stati e sono ancora una delle forze solide e
sane di quel Paese'.
Altrimenti tutti crederanno di
aver fatto una rivoluzione. La rivoluzione è una cosa seria,
non è una congiura di palazzo e non è nemmeno un
mutamento di ministeri o l'ascesa di un partito che soppianti un
altro partito.
È da ridere quando si legge
che nel 1876 l'arrivo della sinistra al potere fu definito una
rivoluzione. (Si ride).
Facciamoci da ultimo questa
domanda: il corporativismo può essere applicato in altri
Paesi? Bisogna farsi questa domanda, perché se la fanno in
tutti gli altri Paesi, dovunque si studia e ci si affatica a
comprendere.
Non vi è dubbio che, data
la crisi generale del capitalismo, delle soluzioni corporative si
imporranno dovunque, ma per fare il corporativismo pieno, completo,
integrale, rivoluzionario, occorrono tre condizioni.
(segue...)
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