(segue) Estremo Oriente
(18 gennaio 1934)
[Inizio scritto]
Esaminiamo alla luce dei fatti, i
principali protagonisti di quello che può essere il grande
dramma intercontinentale di domani. Nessun dubbio che il Giappone
attraversa in questo momento un periodo di «dinamismo
imperialista». È tra il 1860 e il 1870 che il Giappone,
pure restando fedelissimo alle sue tradizioni millenarie, assorbe
tutti i progressi della civiltà occidentale. Oggi, la sua
attrezzatura industriale non ha nulla da invidiare a quella delle più
progredite Nazioni dell'occidente. Altamente prolifico, il Giappone è
un popolo sobrio, con forti virtù guerriere e una capacità
illimitata di sacrificio. Le sue forze militari rappresentano un
complesso formidabile di uomini e di mezzi per terra e per mare.
Quale sorte attende la Cina? In
questo momento essa funziona da posta del gioco, ma siamo dinanzi a
un Paese di grandi impensabili possibilità nel futuro. Non v'è
dubbio che tutto l'immenso organismo della Cina subisce un travaglio
profondo. Qualche cosa fermenta. Si può benissimo prevedere
una Cina che raggiunga nei prossimi tempi una sua forte e
centralizzata unità statale che ponga termine all'eterno
guerrigliare dei generali in cerca di gloria o piuttosto di personali
fortune; che dia una coesione alle innumeri masse che compongono la
sua popolazione e che tragga da queste masse, anche un complesso di
forze militari, che dal punto di vista del numero sarebbero
imponenti. È mia convinzione che il cinese, inquadrato ed
allenato, può divenire un buon soldato. Ora l'avvenire della
civiltà e della razza bianca nell'estremo oriente, la sorte
del Pacifico dipende dal compito che la Cina si assumerà nel
corso del secolo: si può pensare una Cina in funzione
antigiapponese? E per quanto tempo? Non è assurdo avanzare
altre ipotesi e fra le altre anche quella di un accordo fra la Cina e
il Giappone. Chi può escludere che questo accordo non sarebbe
in funzione anti-europea e anti-americana? La Cina è in
diritto di sentirsi amaramente delusa per quanto le è
accaduto. L'Europa è rimasta assente, la Società delle
Nazioni ha rivelato — sia pure con un rapporto e l'invio di una
Commissione — la sua impotenza, negli Stati Uniti si sono avute
delle semplici manifestazioni giornalistiche. La Russia si è
limitata a chiedere che il Giappone le comperi ad un prezzo
«mercantilmente onesto» secondo la frase di Litvinov la
ferrovia dell'Est-Cinese: tutte le grandi Potenze dell'occidente
tormentate dalle loro crisi interne, economiche e politiche, si sono
rassegnate al fatto compiuto. L'accordo Litvinov-Roosevelt ha una sua
importanza, ma di natura prevalentemente morale: è un
avvertimento dato al Giappone, ma niente autorizza a credere che esso
è destinato a modificare il «fatto compiuto»,
niente autorizza a credere che Russi e Americani si batterebbero
insieme, se il Giappone attaccasse la Russia o procedesse ad
ulteriori conquiste in Cina. La verità è che il
Giappone non è più vincolato da accordi di ordine
internazionale, ed ha le mani libere sia per la pace come per la
guerra. La scelta dipende da lui. La pressione della cosiddetta
opinione pubblica internazionale, non ha alcuna influenza su un
popolo dalla psicologia chiusa e militare qual'è quella
giapponese, e su classi dirigenti che credono nello spirito guerriero
come alla più alta espressione della virtù di una
razza. Si può anche pensare che dopo la conquista della
Manciuria, il Giappone abbia bisogno di un periodo di raccoglimento e
di attesa.
(segue...)
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