(segue) Sintesi del Regime
(18 marzo 1934)
[Inizio scritto]

      Un altro uomo di Stato che ha messo il suo Paese di fronte alla realtà, è il conte di Broqueville, Presidente del Consiglio dei Ministri Belga. Discorso sintomatico il suo, ma coraggioso e, malgrado il clamore delle polemiche interessate, utile ai fini della convivenza europea.
      Questo rapido esame della politica estera va unito ed io lo unisco immediatamente e logicamente col problema militare italiano. Utilizzando i residui attivi di Bilancio, conseguenza degli stanziamenti straordinari del 1928, il Governo fascista, per supreme ragioni di ordine finanziario, ha falcidiato notevolmente i bilanci militari nei due esercizi decorsi e in quello venturo. Ma non andremo oltre. Come non mai, e specialmente oggi, dinnanzi alla paralisi della cosiddetta Conferenza dell'irraggiungibile disarmo l'imperativo categorico per una Nazione che voglia vivere e soprattutto per l'Italia, che deve svolgere tranquillamente all'interno l'opera ricostruttiva della Rivoluzione è questo: bisogna essere forti. È necessario essere militarmente forti. Non per attaccare, ma per essere in grado di fronteggiare qualsiasi situazione. Le guerre napoleoniche, quelle del Risorgimento, e soprattutto l'ultima, hanno mostrato al mondo le qualità militari ed eroiche del popolo italiano. Tutta la nostra vita di Regime deve svolgersi attorno a questo asse, la potenza militare della Nazione, che dà al popolo il senso della sicurezza e l'abito di una sempre più ferrea e consapevole disciplina.
      La pace sarà assicurata dalla nostra sincera volontà di collaborazione con gli altri popoli, ma anche dalle nostre frontiere munite, dai nostri spiriti pronti al sacrificio, dai nostri mezzi adeguati agli scopi. Premessa e condizione di questa potenza, è l'unità morale e organica di tutte le forze armate e la loro fusione piena, integrale, definitiva nella vita della Rivoluzione.
      L'Italia ha il privilegio di essere la Nazione più nettamente individuata dal punto di vista geografico. La più compattamente omogenea dal punto di vista etnico, linguistico, morale. L'unità religiosa è una delle grandi forze di un popolo. Comprometterla od anche soltanto incrinarla è commettere un delitto di lesa-nazione. Dal punto di vista geografico l'Italia più che una penisola è un'isola: queste cifre lo dimostrano. Le frontiere marittime della Francia sono 2850 chilometri, della Spagna 3144, della Germania 1733, dell'Italia ben 8500 chilometri. Questa insularità non è eliminata dal confine terrestre: si potrebbe dire rafforzata, poiché i 1920 chilometri di frontiera terrestre sono costituiti da una catena di montagne, la più alta d'Europa, attraversata da 14 ferrovie e 27 strade statali e 8 non statali. Tutto il resto è invalicabile. Tutta l'Italia è sul mare. Trenta capoluoghi di provincia sono sul mare. Roma stessa è sul mare. La geografia è il dato immutabile che condiziona i destini ai popoli. Le Alpi sono baluardo che, come diceva Napoleone, dividono e proteggono l'Italia, ma al tempo stesso permettono i contatti fra Nord e Sud e gli scambi, agevolati dalla stessa configurazione dell'Italia che dai picchi inaccessibili delle Alpi, si protende sino alle sponde e al cuore dell'Africa. L'italiano non può essere quindi che un popolo di agricoltori e di marinai. Mare ed Alpi sono la naturale difesa dell'Italia. Anche nei secoli della divisione e del servaggio non fu mai facile attraversare le Alpi, ma attraversate che fossero, bastava una intesa o una «lega» anche temporanea fra le città italiane per ributtare gli stranieri oltre quei confini che la natura e la storia assegnarono alla Patria.

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