(segue) Verso il riarmo
(18 maggio 1934)
[Inizio scritto]
Non credo che una Germania,
governata da Hitler, non opporrebbe una strenua resistenza ad ogni
azione militare francese. Scartata l'idea di una guerra preventiva,
scatenata invece la gara degli armamenti, a un certo punto della
storia scoppierebbe la nuova guerra, che ritroverebbe l'Europa
divisa, ancora una volta, in due gruppi di Stati lottanti per la vita
o per la morte.
Nel frattempo una delle
conseguenze inevitabili di in fallimento della Conferenza del disarmo
sarà la fine della Società delle Nazioni. Io non ho mai
nutrito eccessive simpatie per la istituzione ginevrina, ma ne ho
riconosciuto l'utilità per determinati problemi, e più
che a sopprimerla, la mia azione fu diretta a trasformarla, per
renderla idonea a raggiungere obbiettivi meno grandiosi e
universalistici, ma ciò non di meno, utili alla collettività
umana. Il giorno in cui, i delegati della Conferenza del disarmo,
dovranno dichiarare che il disarmo è una utopia, una sublime,
ma appunto per questo più pericolosa utopia, la Società
delle Nazioni avrà perduto ogni significato e prestigio: alla
sua politica che escludeva, almeno in apparenza, i blocchi degli
Stati, subentrerà la politica dei blocchi, cioè delle
alleanze, in altri termini la politica dell'ante-guerra: all'ultimo è
S. M. il cannone che sarà invitato a parlare.
Non è senza una profonda
preoccupazione che io scrivo queste parole. Una convenzione sul
disarmo avrebbe garantito un certo periodo di stabilità nella
politica europea e mondiale; il fallimento della Conferenza, apre le
porte all'ignoto. Credere che movimenti della cosiddetta opinione
pubblica, possano migliorare le sorti della Conferenza ginevrina, è
oramai da ritenersi una illusione: i popoli tormentati da una
acutissima crisi oramai quinquennale, non sperano più e non
leggono nemmeno le notizie che sono dedicate al disarmo. Queste
notizie sono sempre più rare e laconiche, mentre cominciano ad
abbondare le altre concernenti la ripresa degli armamenti, in terra,
in mare, in cielo. Una specie di indifferenza, un vero torpore,
effetto delle delusioni subite, sembra essersi impadronito dell'animo
delle moltitudini.
(segue...)
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