(segue) La situazione economica
(26 maggio 1934)
[Inizio scritto]
Seconda causa che ostacola il
nostro commercio di esportazione: sfasamento fra prezzi interni
dell'Italia e prezzi mondiali; cioè il nostro prodotto costa
di più.
Se noi non adeguiamo i nostri
prezzi interni e i nostri costi di produzione interna ai costi di
produzione mondiale, non possiamo sperare nella ripresa dei nostri
traffici.
L'alternativa è questa,
camerati: un'alternativa che noi abbiamo già risolta, ma che
devo esporre.
Questo adeguamento necessario non
può che avvenire in due modi: o con la compressione dei prezzi
e dei costi all'interno, o con la svalutazione della moneta. E
siccome noi abbiamo già respinto il secondo corno di questa
alternativa, perché pensiamo che tutti i Paesi dovranno
tornare all'oro, e perché le monete di caucciù non
possono durare all'infinito, è sull'altro termine
dell'alternativa che dobbiamo porre l'accento.
Ci sono alcuni i quali dicono:
guardare l'Inghilterra! Ebbene, guardiamo l'Inghilterra. Intanto
bisogna ricordare che l'Inghilterra ha voluto riportare nel 1925 la
sua sterlina alla parità dell'anteguerra, perché, come
diceva un Ministro dell'epoca, voleva guardare orgogliosamente negli
occhi al dollaro.
Lo slittamento del 1931 lo si deve
ad una situazione debitoria e creditoria in cui si è trovato
il Tesoro inglese, che fino all'ultimo ha resistito cercando
affannosamente dei prestiti. La sterlina non ha avuto che una
tosatura, quella del 1931, del 30 per cento.
C'è da fare un confronto
con la tosatura della moneta italiana, che valeva prima della guerra
100 centesimi oro, e che stabilizzammo a circa 27 centesimi; cioè
le facemmo perdere quasi i tre quarti del suo valore.
È verissimo che la
situazione in Inghilterra è migliorata. Relativamente perché
ci sono ancora 2.200.000 disoccupati. C'è stato un
riassorbimento di operai, da 500 a 700.000, e la sterlina, che è
già praticamente riancorata all'oro, ha ripreso una parte del
suo prestigio, che perdette nel giorno fatale, 21 settembre 1931.
(segue...)
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