(segue) La situazione economica
(26 maggio 1934)
[Inizio scritto]
Fu una grande data. Il tempio
inglese aveva tre colonne: la Dinastia, la flotta, la sterlina.
Ad un certo momento una di queste
colonne crolla.
In un altro Paese cosa sarebbe
successo? Che tutta la gente si sarebbe precipitata agli sportelli.
Cosa che accade quando la moneta brucia le dita, per dirla in gergo
monetario. Oppure, tutti si sarebbero precipitati a comprare delle
case, degli oggetti, pur di avere una ricchezza tangibile, come
avviene quando la moneta perde di minuto in minuto il suo valore.
Questo non accadde a Londra.
L'inglese rimase da principio un po' stordito, come si rimane un po'
storditi tutte le volte che si prende una legnata. Ma poi dimostrò
un magnifico sangue freddo, una flemma ammirevole. Non ci fu la corsa
ai negozi, né ci fu la ressa agli sportelli. L'inglese rivelò
le rare qualità del suo carattere, prodotto di una educazione
secolare.
Sarà cura del Fascismo di
ammobiliare un po' meno sontuosamente il cervello degli italiani per
curare un po' più profondamente il loro carattere. (Applausi
vivissimi, prolungati).
Accanto, dunque a questo
spettacolo di disciplina, degno d'un grande popolo, d'un popolo
imperiale, ci sono state altre cause e cioè: l'Inghilterra ha
fatto dei dazi doganali proibitivi, per cui tutto il mercato interno
è ormai riservato alle merci inglesi. Ha diminuito i salari
operai, direttamente od indirettamente, in una misura che va dal 40
al 50 per cento. Con gli accordi di Ottawa ha stabilito una area
d'economia inter-imperiale. Poi finalmente, in una certa aliquota, si
è giovata anche della svalutazione. Ha fatto del dumping, ha
fatto il dumping della svalutazione.
Attenzione, però, perché
non c'è dumping che non ne chiami un altro e niente è
più interessante, per coloro che s'occupano di problemi
d'economia finanziaria, di vedere la lotta del dumping fra il dollaro
e la sterlina. Ad un certo momento è intervenuto il terzo, il
Giappone, che fa il super-dumping!
(segue...)
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