(segue) Discorso agli operai di Milano
(6 ottobre 1934)
[Inizio scritto]
Parlando alle folle della popolosa
ed ardimentosa Bari ho detto che l'obiettivo del Regime nel campo
economico è la realizzazione di una più alta giustizia
sociale per tutto il Popolo italiano. Tale dichiarazione, tale
impegno solenne io riconfermo dinanzi a voi e questo impegno sarà
integralmente mantenuto. (Acclamazioni entusiastiche).
Che cosa significa questa più
alta giustizia sociale? Significa il lavoro garantito, il salario
equo, la casa decorosa, significa la possibilità di evolversi
e di migliorarsi incessantemente.
Non basta: significa che gli
operai, i lavoratori, devono entrare sempre più intimamente a
conoscere il processo produttivo e a partecipare alla sua necessaria
disciplina.
Le masse degli operai italiani dal
1929 ad oggi si sono avvicinate alla Rivoluzione fascista. Che
atteggiamento potevano tenere? Forse quello della ostilità o
della riserva? Ma come si può essere ostili ad un movimento
che raccoglie la miglior parte del Popolo italiano ed esalta la sua
inesausta passione di grandezza? O forse era l'atteggiamento
dell'indifferenza? Ma gli indifferenti non hanno mai fatto, né
mai faranno la Storia. (Acclamazioni: «Duce! Duce!»).
Non restava che il terzo
atteggiamento: quello che le masse operaie hanno già accolto,
realizzato: quello dell'adesione esplicita, chiara, schiettissima
allo spirito ed agli istituti della Rivoluzione fascista (grida:
«Viva il Duce!»). Se il secolo scorso fu il secolo della
potenza del capitale, questo ventesimo è il secolo della
potenza e della gloria del lavoro. (Ovazioni).
Io vi dico che la scienza moderna
è riuscita a moltiplicare le possibilità della
ricchezza; la scienza, controllata e pungolata dalla volontà
dello Stato, deve risolvere l'altro problema: il problema della
distribuzione della ricchezza (applausi) in modo che non si verifichi
più l'evento illogico, paradossale ed al tempo stesso crudele,
della miseria in mezzo all'abbondanza.
(segue...)
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