(segue) L'anno cruciale
(7 gennaio 1935)
[Inizio scritto]
Noi ci siamo messi al nostro
compito con la volontà determinata di giungere ad un accordo
completo, sia sulle questioni d'ordine generale, sia sulle questioni
francoitaliane. Vi siamo giunti.
Ciò ha domandato un lavoro
preparatorio lungo e delicato, ma assolutamente necessario —
che si è svolto dapprima per via diplomatica normale e che in
seguito è stato perfezionato nel corso delle conversazioni di
Roma — anch'esse lunghe e importanti — fra Lavai e me,
fra il signor Leger e il signor De Saint Quentin ed i capi dei nostri
uffici, per giungere a soluzioni definitive e consacrarle in
protocolli debitamente firmati. Il lavoro è stato dunque
concreto e pratico e ha dato i risultati desiderati e voluti.
Naturalmente l'accordo significa,
come del resto ogni accordo, una transazione reciprocamente
soddisfacente tra esigenze opposte perché la diplomazia
dimostra la propria utilità e la propria sagacità nella
ricerca e nella realizzazione, non nella frattura degli equilibri
necessari per l'amicizia e la collaborazione dei popoli.
E passo al terreno che si chiama
generale o europeo. Anche qui noi siamo pervenuti a degli accordi
firmati, nei quali abbiamo fissato un atteggiamento comune
franco-italiano in eventualità possibili. Ciò è
importantissimo.
Io non credo necessario
abbandonarmi alla retorica, che è molto lontana dal mio
temperamento, per sottolineare la portata eccezionale di questo
accordo che stabilisce una linea di azione comune fra due Nazioni
come le nostre. Basta riflettere un istante.
Come ha detto il signor Lavai, gli
accordi franco-italiani d'ordine generale non hanno alcuna punta
diretta contro nessuno, ma sono fatti nella e con la speranza che
servano non a restringere, ma ad allargare l'orizzonte della vita
europea, a farci uscire dalla situazione penosa in cui i popoli sono
piombati da troppo lungo tempo.
(segue...)
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