(segue) La vertenza italo-etiopica e la politica estera italiana alla Camera
(25 maggio 1935)
[Inizio scritto]
Sono al punto che voi, camerati,
ne sono sicuro, attendevate. Il complesso dei problemi che vi ho
prospettati, voi li dovete considerare in rapporto a quanto può
accadere nell'Affrica Orientale, e in rapporto con gli atteggiamenti
che i singoli Stati europei assumeranno, offrendoci l'occasione di
dimostrarci la loro completa e non soltanto superficiale o verbosa
amicizia. (Vivissimi applausi). Ma, in primo luogo, dobbiamo contare
su noi stessi. (Applausi prolungati).
Ora la minaccia alle nostre
frontiere dell'Affrica Orientale non è potenziale ma
effettiva, ma in atto, in proporzioni ogni giorno crescenti e tali da
porre il problema italo-etiopico nei termini più crudi e
radicali. (Applausi).
Tale problema non è di
oggi, non è del gennaio 1935, ma come risulta da documenti a
suo tempo pubblicabili risale al 1925. È in quell'anno che io
cominciai ad esaminare il problema.
Tre anni dopo parve che un
trattato politico fosse strumento adatto a favorire la nostra
pacifica espansione in quel vasto mondo ancora chiuso nella sua
armatura primordiale e suscettibile tuttavia di grandi progressi.
Il trattato è rimasto
completamente lettera morta, salvo l'art. 5, al quale l'Abissinia si
è afferrata, dopo le sue aggressioni del dicembre 1934.
È dal 1929, dico 1929, che
l'Abissinia ha cominciato la riorganizzazione del suo esercito,
giovandosi di ufficiali istruttori europei. È dal 1930 che
talune fabbriche europee hanno iniziato, su imponente scala, i
rifornimenti di materiale bellico moderno.
Lo scontro di Ual-Ual è
stato il campanello segnalatore di una situazione che veniva
maturando da tempo, situazione che impone all'Italia fascista
l'adempimento di imprescindibili doveri.
Ora per la semplice difesa di
quelle due modeste strisce di territorio che si chiamano Eritrea e
Somalia, bisogna affrontare difficoltà logistiche e
strategiche di una complessità enorme.
(segue...)
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